Laura Boldrini, nuova spina nel fianco di Bersani

28 Gen 2013 13:15 - di Romana Fabiani

Possibile sottosegretario agli Esteri di un possibile governo Bersani? Candidata con Sel, Laura Boldrini, ex portavoce dell’Alto commissariato dell’ Onu per i rifugiati, starebbe scaldando i muscoli per la Farnesina, il curriculum e le entrature sono dalla sua parte. «Ma prima», si schermisce, «pensiamo a vincere le elezioni». Sedotta dal compagno Vendola, perché è l’unico che si è fatto carico dei diritti delle minoranze, è entrata nello squadrone di Sel per una scelta di responsabilità, per non continuare solo a lamentarsi. Giornalista (cura un blog su Repubblica on line e sull’Huffington post,) è capolista in Sicilia e nelle Marche dove è nata e cresciuta.  Ha uno scranno praticamente sicuro in Parlamento, ma, da ex indignata, non rinuncia alla piazza e al contatto “fisico” con «l’Italia sofferente». Femminista illuminata («solo rivalutando la figura della donna, che in questi anni di berlusconismo, è stata svilita può ripartire il nostro Paese»), antimilitarista “senza se e senza ma“, il giusto tasso di antiberlusconismo, la Boldrini è uno dei fiori all’occhiello del governatore della Puglia, a sua volta possibile vicepremier in caso di vittoria del centrosinistra. Laura Boldrini ha lanciato tre o quattro paroline d’ordine che non fanno dormire sonni tranquilli a Bersani. Al primo posto il no agli F35. Come giustificare all’Italia che soffre l’acquisto di 90 cacciabombardieri e 2 sottomarini? E poco importa se l’investimento è già partito, se si perdono posti di lavoro e se il Pd ha sempre votato a favore dell’acquisto,  la strada da seguire – spiega la dottoressa Boldrini–  è quella del dialogo e della democratizzazione. Con una tipetta così per il leader democratico saranno dolori. Costretto dai sondaggi all’abbraccio con la Camusso e a virare a sinistra per contenere il successo di Ingroia, con gli ultimi “regali di Vendola”,  Bersani si candida a bissare il calvario di Prodi alle prese con una pirotecnica coalizione di governo che andava da Rifondazione all’Udeur passando per Radicali ed ex margheritini. Anche all’epoca  le politiche sociali e la politica estera furono il terreno privilegato degli scontri frontali con Rifondazione e Idv e il Professore di Bologna finì sulla graticola accesa da Bertinotti. Ce la farà Bersani a tenere a bada  futuri ministri e sottosegratari barricaderi nemici del montismo e riformisti moderati alla Letta e Fioroni? La storia rischia di ripetersi in farsa.

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