In Egitto è l’ora dei carri armati

7 Dic 2012 0:01 - di Antonio Pannullo

È di sette morti, 771 feriti e 150 arrestati il bilancio delle violenze esplose mercoledì di fronte al palazzo presidenziale Heliopolis del Cairo e protrattesi fino alla tarda mattinata di ieri. Lo hanno riferito fonti ufficiali egiziane alla tv satellitare al-Jazeera. C’è anche un giornalista egiziano fra le vittime degli scontri. Si tratta di el-Hosseini Abul Deif. Il reporter, che lavorava per il giornale “al-Fagr”, era stato ferito da un colpo d’arma da fuoco ed è morto ieri in ospedale.
Di fronte al palazzo del presidente si sono radunati erano i Fratelli Musulmani, per esprimere sostegno al presidente Mohamed Morsi, e gruppi di oppositori, che gli contestano una deriva antidemocratica. La piazza è stata sgomberata nel pomeriggio con un ultimatum della guardia repubblicana ai manifestanti. Lo ha riferito il sito web del quotidiano “Ahram”, precisando che gli ultimi sostenitori del presidente hanno lasciato la zona. I manifestanti anti-Morsi avevano già lasciato le aree vicino al palazzo prima dei sostenitori del presidente. Alcune forze di opposizione, tra cui il Partito al-Dostour e il Partito dell’Alleanza Popolare, hanno tuttavia organizzato nuove marce di protesta per confluire di nuovo davanti al palazzo presidenziale. Due edifici che ospitano le sedi del partito Libertà e Giustizia, l’ala politica dei Fratelli Musulmani, sono stati dati alle fiamme durante scontri tra i sostenitori e gli oppositori del presidente egiziano nei governatorati di Ismaila e Suez. Lo riporta Nile tv. Il capo della guardia repubblicana ha spiegato che le forze armate schierate di fronte al palazzo presidenziale non saranno «uno strumento di reressione per i manifestanti». Da parte sua il leader dei Fratelli Musulmani ha fatto un appello all’unità affermando: le divisioni «servono solo ai nemici della nazione».
Intanto si è appreso che il presidente Morsi ha lasciato il palazzo presidenziale. Lo riferiscono fonti della presidenza, senza fornire particolari sul discorso alla nazione annunciato in mattinata dalla tv di Stato. È con l’obiettivo di trovare una soluzione alla crisi politica in corso in Egitto che il presidente ha riunito in mattinata nel palazzo presidenziale il premier Hisham Kandil, il ministro della Difesa Abdel Fattah al-Sisi, quello della Giustizia Ahmed Mekky, degli Interni Ahmad Gamal Eddine, dell’Informazione Salah Abdel Maqsud, degli Affari del Parlamento Mohamed Mahsoub, dell’intelligence Mohamed Rafat Abdel Wahed Shahata e il capo della Guardia repubblicana Mohamed Ahmed Zaki. Secondo un comunicato diffuso dalla presidenza, lo scopo del vertice è quello di «discutere le modalità per riportare stabilità» nel Paese.
Secondo il quotidiano “al Watan”, Morsi nelle prossime ore annuncerà un rinvio del referendum costituzionale fissato per il 15 dicembre, con l’obiettivo di «favorire il dialogo nazionale sugli articoli della nuova costituzione contestati dall’opposizione». “Al-Watan” aggiunge che Morsi intende anche «congelare» alcuni articoli del suo recente e contestato decreto costituzionale, ma non quelli che vietano lo scioglimento dell’assemblea costituente e del Senato. Le anticipazioni di “al-Watan” non trovano tuttavia conferme ufficiali.
Dopo i cruenti disordini di due giorni fa, il vice presidente del partito dei Fratelli musulmani egiziani, Giustizia e libertà, il docente copto Rafik Habib ha deciso di dimettersi dal suo incarico nel partito e da quello di consigliere del presidente Morsi. Lo ha annunciato su Facebook. Tutti e 17 i consiglieri di Morsi si sono dimessi in seguito ai sanguinosi scontri. Anche il presidente della televisione di Stato egiziana Essam el Amir ha annunciato le sue dimissioni in relazione alla crisi politica in corso in Egitto. «Ho presentato le mie dimissioni al ministro dell’Informazione Salah Abdel Maqsud – ha dichiarato in esclusiva al quotidiano “al Watan” – Nelle circostanze estrememente delicate che sta attraversando l’Egitto rinuncio alla presidenza della televisione egiziana affinché possiate trovare una persona che riteniate adatta a condurre le vostre politiche». Amir spiega di aver «preso questa decisione domenica scorsa dopo aver assistito alla manifestazione dei Fratelli Musulmani di fronte all’università del Cairo dove si sono verificati dei tentativi di dividere il Paese e di trascinarlo nella guerra civile» e dopo «aver visto le politiche non sagge che hanno portato il Paese a ciò a cui assistiamo, a partire dagli appelli dei Fratelli Musulmani ai giovani di riunirsi davanti alla palazzo presidenziale usandoli come strumento per iun conflitto durante il quale è stato versato sangue egiziano di entrambe le parti». Quanto all’ipotesi che le sue dimissioni siano legate alla politica del ministro dell’Informazione e al modo in cui la televisione di Stato ha seguito gli eventi in corso, il presidente dimissionario ha detto che «questa è una delle ragioni. Anche in considerazione del fatto che la tv di stato ha ignorato gli eventi». Da parte sua l’Accademia di ricerche scientifiche di al Azhar, la più alta istanza del principale centro teologico del mondo sunnita, ha inviato un messaggio a Mohamed Morsi chiedendogli la sospensione immediata della suo decreto e l’avvio di un dialogo nazionale.
I disordini in corso in Egitto provocano anche un altro problema: i colloqui sulla riconciliazione tra le fazioni palestinesi dipendono infatti dalla stabilità in Egitto. Lo ha spiegato un alto esponente di Hamas, Ahmad Yousef, all’agenzia di stampa Màan, affermando che la rivolta in corso in Egitto rischia di rinviare i colloqui di unità mediati dal Cairo. In seguito alla recente offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza, il movimento islamico di Hamas e il partito laico di al-Fatah avevano sottolineato la necessità di accelerare l’unità interna palestinese. Ma l’instabilità egiziana, con manifestazioni di piazza contro il presidente Mohammed Morsi per il decreto costituzionale con cui ha esteso i suoi poteri e contro la bozza di Costituzione, ha portato il Cairo a concentrarsi su questioni interne, dice l’esponente di Hamas.

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