Gufi e sciacalli anti-italiani si aggirano intorno allo spread

11 Dic 2012 0:05 - di Luca Maurelli

I mercati sono nervosi, nervosissimi, la Borsa di Milano va a picco, lo spread s’impenna, tocca quota 368, l’allarme sull’instabilità politica italiana si diffonde nelle cancellerie europee alla velocità della luce, l’Italia trema per la fiammata del differenziale tra i Bot e i Btp, che il giorno dopo toccherà addirittura quota 373, mentre le agenzie di rating si inquietano e perfino Monti è sobriamente preoccupato. È un lunedì nero per il nostro Paese. Ieri? No, lunedì 12 novembre 2012, esattamente un mese fa. Quel giorno si festeggia, si fa per dire, il primo compleanno del governo tecnico, Monti è a Roma, Berlusconi è appena tornato da Malindi, Kenya. A sopresa quella mattina tutto crolla, lo spread impazzisce, qualcuno spiega che i mercati temono le urne del marzo successivo. E Berlusconi? È con Briatore, in quelle ore. A meno che non lo si voglia accusare di aver innervosito i mercati internazionali con un bunga bunga organizzato sotto a una noce di cocco, quel lunedì nero non poteva essere colpa sua. Eppure con i medesimi indicatori di ieri quel giorno infausto di un mese fa non fu scaricato sul groppone di nessuno mentre quello di ieri è finito tutte sulle spalle del Cavaliere. Mistero. Ma se anche l’impennata dello spread di ieri fosse stata provocata dallo “strappo” politico del centrodestra, “colpevole” di aver anticipato di due settimane o giù di lì il voto delle Politiche, precisando peraltro che avrebbe comunque votato la Legge di stabilità, è mai possibile che nessuno abbia puntato il ditino anche un po’ sul premier Monti e sull’annuncio prematuro di dimissioni, che forse i mercati li ha innervositi davvero? Ma ciò che più sconcerta non è tanto la speculazione politica che le forze avverse al centrodestra fanno del ritorno di Berlusconi alla leadership, quasi scontata, quanto la tempestività con la quale prevedono e poi festeggiano le fibrillazioni dei mercati e le fiammate dello spread. Non è carino, in effetti, che nella mente di un italiano possa fare capolino anche il solo, semplice sospetto, che il presidente della Repubblica un po’ speri che il giorno dopo lo spread salga per riportare a più miti consigli Silvio Berlusconi sull’opportunità di staccare la spina al governo Monti. Non è carino, ma è inevitabile, se la domenica sera l’inquilino del Colle si lascia scappare quella frase, “vedremo domani i mercati come reagiscono…”. Ma se quella di Napolitano può essere considerata solo una piccola gaffe, in tanti ieri mattina, tra i politici di seconda e terza fascia, erano appollaiati sui tetti, come gufi, per verificare l’apertura della Borsa e cogliere al volo la possibilità attaccare Berlusconi, considerandolo responsabile di quello scivolone annunciato. Nella top dei dei gufatori troviamo l’esponente di Fli Carmelo Briguglio, che alle dieci di mattina già esultava: «La risposta a Berlusconi dei mercati è arrivata!». Olè. Ma anche Francesco Boccia, economista del Pd, volava ad altezza gufo, o sciacallo: «Quella sui mercati è una tempesta scatenata dall’interno dell’Italia». Evviva. Poi spuntava Enrico Rossi, presidente della Toscana: «Crolla la borsa e lo spread vola oltre 350. È tornato Berlusconi». Osanna osanna nell’alto dei cieli. E la giornata proseguiva così, tra hola e spari di Bot, nel segno del patriottismo. Quello della Merkel, però.

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