Berlusconi tuona contro gli “speculatori” europei

11 Dic 2012 0:02 - di Antonella Ambrosioni

Si entra nel vivo. Campagna elettorale, election day, ipotesi di accordo con la Lega. Una triangolazione che al momento tiene impegnato il Pdl, a due giorni dall’annuncio di Mario Monti di voler rassegnare le dimissioni dopo l’approvazione della legge di stabilità. Silvio Berlusconi è tornato a dettare i tempi e domenica durante il vertice nella sua residenza milanese di via Rovani durato circa tre ore è tornato su alcuni punti essenziali. Ha ribadito come «il passo indietro del Professore sia stato doveroso» e si è detto convinto che «non ci sia da perdere tempo» visto l’avvicinarsi della scadenza elettorale di febbraio.

La reazione agli attacchi
Quel coro di allarmi sul futuro del Paese, quei presagi di sventura sull’Italia, le speculazione sul rialzo dello spread, le frecciate del presidente del Parlamento europeo Schultz sul suo ritorno in politica e le gufate dei colleghi italiani, hanno scatenato la prima reazione del Cavaliere, che ieri ha risposto a muso duro: «Sarebbe fin troppo facile collegare queste ingerenze, del tutto ingiustificate sul piano della democrazia e del mio impegno in Europa, con l’ennesima manovra speculativa tesa a indebolire le nostre aziende e a renderle facile preda di acquirenti stranieri», ha detto Silvio Berlusconi in una nota. «Le reazioni eccitate e fuor di luogo di alcuni politici europei e di alcuni quotidiani stranieri alla notizia di un mio impegno rinnovato nella politica italiana risultano offensive non tanto nei miei confronti personali quanto per la libertà di scelta degli italiani», ha aggiunto il leader del Pdl. «Per quanto mi riguarda -sottolinea il Cavaliere – sono sempre stato un europeista convinto e mi sono sempre battuto per un’Europa meno burocratica e più unita politicamente».

Il ritorno in tv
Nel vertice di domenica Berlusconi aveva annunciato ai suoi che «dal prossimo mese andrà in tv a spiegare agli italiani che il voto frammentato rende il Paese ingovernabile». Appuntamento, quello del voto, a cui il Cavaliere conta di arrivare forte di un’alleanza ritrovata con la Lega Nord. Un riavvicinamento che potrebbe partire dalla candidatura di Maroni alla regione Lombardia in ticket, sarebbe l’idea, con Maria Stella Gelmini: «Ho sentito Bossi», ha detto, «e ieri ho parlato con il segretario Maroni». Infine un ennesimo plauso a Matteo Renzi che da sempre gode della stima del Cavaliere: «Se vuole venire con noi è il benvenuto». Ma intanto il suo «giovane» resta Alfano, «un fuoriclasse», dice, che è «in ticket con me».

«Non temo Monti, se si candida»
Ma è Mario Monti e alle sue mosse a cui il Cavaliere guarda con attenzione. L’idea che il Professore possa essere un suo diretto competitor in campagna elettorale non lo lascia indifferente ma, Berlusconi non arretra di un millimetro: Se vuole scendere in campo, faccia pure, io non lo temo. Non si lascia intimidire da una sua eventuale candidatura, né da una lista dei moderati “benedetta” dal premier con dentro i “montezemoliani”, Fli l’Udc e il “polo cattolico” formato dalle Acli e dal tandem Riccardi-Bonanni. Ormai la strada è tracciata, Berlusconi punta a una nuova coalizione di centrodestra, articolata in più liste-movimento e alleata della Lega. Berlusconi, raccontano, ha una strategia chiara, che porta dritto al Senato. Per questo, numeri alla mano, l’ex premier avrebbe chiesto ai suoi di conquistare Lombardia, Veneto e Sicilia alle politiche, tre regioni chiave per tenersi la maggioranza a palazzo Madama o quanto meno “pareggiare”. Ormai il canovaccio della campagna elettorale è segnato. Dopo il discorso della sfiducia alla Camera di Angelino Alfano, sarà tutta centrata sui temi economici e sull’accusa a Monti di avere peggiorato il quadro macroeconomico.

Le strategie nazionali e locali
Dunque, sul piano strategico, si sta ragionando a come arrivare a un’intesa con la Lega. Certo, l’idea di “consegnare” al Carroccio anche la Lombardia non piace a tutti all’interno del partito. Il centrodestra chiede garanzie per le prossimo politiche al Carroccio per l’eventuale sostegno alla candidatura di Maroni alla guida della Lombardia. Il cerino ora è nelle mani dei leghisti e dell’esecutivo federale, ma il feeling da ritrovare è considerato un obiettivo primario anche da Altero Matteoli: «Mentre il quadro politico si va delineando con sempre maggiore chiarezza, un ritrovato accordo regionale e nazionale tra la Lega ed il Pdl è importante per una nuova grande affermazione del centrodestra. Peraltro, i rapporti politici ed umani tra Berlusconi e Maroni favoriscono un’intesa di alto profilo. Sarebbe ingenuo e dannoso non perseguirla, dando automaticamente un vantaggio alla sinistra».

I malumori nel Pdl
Non tutti, si sa, hanno condiviso la decisione di annullare le primarie e riconsegnare il partito a Berlusconi. In primis Giorgia Meloni, che da subito aveva considerato «un errore» il ritorno di Berlusconi. L’ex ministro della Gioventù anche ieri ha sottolineato il proprio disagio complessivo: «Bisogna capire dove sta andando e che cosa vuole essere il Pdl. Io ho detto cosa non voglio: non voglio un partito di plastica, non voglio impresentabili in lista, non voglio un partito che non discute e non condivide decisioni, non voglio un partito di colonnelli, non voglio i parlamentari scelti da cinque persone in una stanza», ha chiarito nel corso della “Telefonata” di Belpietro. «Se il Pdl resterà cosi, io non trovo stimoli per rimanere», ha detto dando appuntamento agli elettori del centrodestra il 16 dicembre: «Avremo le idee più chiare il prossimo 16 dicembre, giorno nel quale abbiamo organizzato a Roma una manifestazione anche con altri colleghi, come Guido Crosetto. In nessun caso intendo abbandonare il lavoro che abbiamo fatto per far nascere in Italia il Partito Popolare Europeo, per normalizzare il nostro bipolarismo, perciò non si torna indietro a ipotesi di operazioni nostalgia».

 

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