Voilà, lo spoil system targato Monti è servito

30 Nov 2012 0:04 - di Romana Fabiani

Doppia notizia ieri in casa Rai. La nomina senza suspense dei nuovi direttori del Tg1 e delle tre reti generaliste e la bocciatura del bavaglio dei tecnici al Cda di viale Mazzini proposto dalla presidente, Anna Maria Tarantola. Gattopardesa, anche se di qualità, la sfornata dei promossi. Tutto si può dire dei “nuovi”, tranne che siano estranei alle ingerenze dei partiti e alle lottizzazioni da manuale Cencelli dei tempi andati. Il direttore generale Luigi Gubitosi, che avrebbe dovuto rilanciare e razionalizzare l’azienda, ha confezionato uno spoil system targato Monti degno dei precedenti: con l’avvento dei tecnici salvatori della patria e del servizio pubblico.cambiano le facce ma non le regole. Confermati ieri tutti i nomi che erano circolati nei giorni scorsi, a cominciare da Mario Orfeo, attuale direttore del Messaggero, che va a occupare la poltrona più alta tel Tg1. Giornalista di lungo corso, molto vicino al leader dell’Udc, riceve gli auguri trasversali di buon lavoro dai principali esponenti del Pdl e del Pd. Da Matteoli a La Russa, da Gasparri a Lupi, da Alfano ad Alemanno, da Chiti a Franceschini tutti plaudono alle «indiscusse doti di equilibrio» e alle «sue qualità nel mondo della comunicazione indispensabili per guidare il più importante telegiornale della televisione pubblica». Se qualcuno come Alessio Butti aveva sollevato il dubbio che la scelta fosse funzionale a un più ampio progetto politico-editoriale di sostegno al Monti bis, sono state molte le perplessità sulla scelta di un giornalista esterno all’azienda, obiezione alla quale la Tarantola aveva risposto dicendo che «vengono seguiti i criteri di competenza e professionalità» e che se «tali caratteristiche si trovano in Rai, prevale la scelta interna, altrimenti ci si rivolge all’esterno». Una risposta che evidentemente non ha soddisfatto tutti i consiglieri visto che la nomina di Orfeo passa con soli cinque voti su nove: quattro i contrari, Luisa Todini, Antonio Pilati, Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi. I primi due di area berlusconiana, i secondi di area Pd. «Il mio voto contrario, sulla nomina di Mario Orfeo non è rivolto alla persona e alla professionalità del direttore, ma nasce dalla contrarietà sul metodo utilizzato», ha spiegato la Todini, «in un momento così delicato per l’azienda, alle prese con una spending review interna e avendo a disposizione decine di professionisti con ottimi curricula, sarebbe stato necessario, a mio avviso, procedere ad una analisi più attenta delle competenze interne». Non passa, quindi, il veto del Pd che, alla vigilia del voto, per bocca del capogruppo in Vigilanza, aveva ribadito la sua preferenza per Di Bella. Per la direzione del Tg1 si era pensato in un primo tempo a Monica Maggioni, inviata e conduttrice esperta con il valore aggiunto di essere donna.
A Rai1, invece, arriverà come previsto l’attuale direttore dell’Intrattenimento Giancarlo Leone, di provata fede democristiana, che sostituisce Mauro Mazza, che paga il prezzo del suo passato di destra. A Rai2 andrà Angelo Teodoli, già vicedirettore di Rai1 e ora a capo dei palinsesti. Esponente di quello che nei corridoi si chiama il partito azienda, braccio destro di Antonio Marano, vicedirettore Rai, ha sempre lavorato senza troppo clamore, fatta eccezione quando, un paio d’anni fa, denunciò la misteriosa scomparsa dal suo ufficio dei palinsesti provvisori delle tre reti Rai per l’autunno 2011. Promosso alla direzione di Rai3 il conduttore di Agorà, Andrea Vianello, che succede ad Antonio Di Bella. Compagno doc, amico dei cattolici, buono per equilibrare il centrismo con un po’ di sinistra senza se e senza ma. Non a caso gli applausi e i festeggiamenti del Pdci sono tutti per lui.« È una scelta che va nella direzione giusta, in questi anni si è contraddistinto per un sincero pluralismo». Talmente pluralista che il suo nome era stato tirato in ballo per il talk show di Rai2 rimasto orfano di Santoro. Insomma, nessuno discute la professionalità dei nuovi direttori ma la “democrazia spartitoria” come la definisce Mario Landolfi. «Mai come oggi i democristiani hanno avuto tanto potere in Rai e tanta influenza sulle nomine, solo che ora si fanno chiamare uddiccini. Mai come in questo caso i tecnici stanno salendo le scale dei palazzi della politica…». Nulla da dire sulla professionalità, prosegue l’ex presidente della Vigilanza Rai, «quello che non va è la democrazia spartitoria, se l’Udc passasse all’antidoping risulterebbe altamente positiva tanto da restarne schiantata per overdose».
Molto più burrascosa e significativa la votazione sul nuovo regolamento del Consiglio di amministrazione Rai, proposta dalla presidente Tarantola e osteggiato da una martellante campagna del Pdl in Vigilanza. Il Cda ha bloccato le modifiche segnando la sconfitta della linea Monti, l’unico voto favorevole quello di Marco Pinto (il consigliere indicato dal ministero del Tesoro) e, naturalmente, della Tarantola. Il nuovo regolamento, un autentico bavaglio, invibiva di fatto ai consiglieri contatti diretti con la stampa in nome della riservatezza aziendale. In caso di dubbi avrebbero dovuto rivolgere un quesito scritto al direttore generale, che avrebbe risposto girando a sua volta la replica a tutti i comsiglieri. Un metodo «inaccettabile» che ha trovato da subito la netta opposizione dei parlamentari del centrodestra e del centrosinistra. Per Alessio Butti è un pesante Ko per Tarantola e Monti. «Non si può a colpi di regolamento avviare un processo di riforma della governance – spiega il capogruppo del Pdl in Vigilanza – la riforma è competenza del Parlamento. Dovrebbe saperlo la presidente Tarantola, ma a maggior ragione dovrebbe saperlo il presidente Monti che in questi mesi qualche esperienza di vita parlamentare l’ha vissuta. La figura dell’amministratore unico in Rai non è ancora stata approvata e così anche la Rai di Monti deve fare i conti con un concetto a noi noto: si chiama democrazia e vuol dire considerare il lavoro e le proposte di tutto il cda».

 

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