«Neanche un centesimo sul Monti bis»

15 Nov 2012 20:21 - di

Il portavoce ufficiale di M, che qualche giornale sintetizza con la lettera C, ieri ha provato a tirare la volata al suo pigmalione in un pubblico dibattito, ricevendone in cambio due rispostacce da un inedito asse formato da A + B: uniti, per una volta, contro i tecnici che governano l’Italia. È un fatto matematico, ormai: c’è un blocco che vuol dare un senso al voto con cui fare i conti. Per svolgere l’equazione algebrica (A + B – C – M) va fatta una premessa: ieri i tre leader dei principali partiti che sostengono il governo, Casini, Alfano e Bersani, si sono ritrovati a un convegno della Cna a dibattere di politica con punti di convergenza anche interessanti sui costi della politica e le riforme, ma con grandi litigi sull’Election day, almeno per colpa di uno dei tre. E soprattutto, si sono accorti improvvisamente di essere divisi sul futuro democratico del Paese, che non è un tema certamente secondario per chi fa politica: da un lato c’è Casini, principale sponsor dei tecnici, che rilancia l’ipotesi Monti-bis prima ancora di andare a misurarsi con il voto, dall’altro Alfano e Bersani che insieme rispediscono al mittente la cartolina arrivata sulla loro scrivania col timbro ben in vista della Bocconi. A + B, dunque, vanificano i tentativi di C facendo sparire dall’orizzonte della politica il fattore M, che da ieri è solo una variabile, niente affatto indipendente, di un’operazione che passerà, finalmente, per il fattore U, urne, che vuol dire prima si vota, poi si vede. Ma senza alcuna opzione su un ritorno di Monti a Palazzo Chigi, a prescindere da quando si voterà. Per una volta, meno per meno non fa più, e neanche bis.

Il botta e la doppia risposta
«Sento troppe aree politiche dentro il Pd ma anche il Pdl che sulla continuità con l’agenda Monti la pensano in modo opposto a quanto dicono Pier Luigi Bersani e Angelino Alfano e qui non si va alla soluzione dei problemi, al contrario, ed è qui che ci dividiamo», aveva provato a stuzzicare i suoi interlocutori, Pier Ferdinando Casini, alla tavola rotonda della Cna. E aveva proseguito con un auspicio: «Io temo che se non si continua sulla strada di questo governo, si torna indietro e non si risolvono i problemi». Il primo a stoppare Casini è Angelino Alfano: «Non voglio immaginare a novembre 2013 la stessa maggioranza di adesso», dice. «Le nostre posizioni sono estremamente differenti e credo che entrambi siamo contenti delle nostre diversità perché costituiscono le basi per i nostri ideali e il nostro programma. L’esperienza Monti ha il carattere dell’eccezionalità. Non scommetterei nemmeno un centesimo su un bis», dice Alfano. E arriva Bersani: «Io risparmio anche quel centesimo». Nella discussione si inserisce di nuovo Pier Ferdinando Casini, che spera: «Mai dire mai. Non ci sarà un governo sostenuto da Bersani e Berlusconi, ma qui mi pare che ci sono altre persone…», dice, alludendo ad Alfano.

L’intesa sugli errori dei partiti
«Le vicende successe in alcune regioni come il Lazio sono la dimostrazione di cose che sfuggono anche ai partiti perchè i fondi dei gruppi sfuggivano ai partiti e c’è chi li usa bene e chi è un ladro», dice ancora il leader Udc, Pier Ferdinando Casini. «Ci sono politici che non rubano e fanno il loro lavoro seriamente così come non si può dire che tutti i banchieri sono ladri se non si alimenta la demagogia», insiste. E sulla necessità di abbassare i costi della politica trova la sponda di Alfano: «Sono dell’idea che il privato debba essere prevalente nella contribuzione ai partiti politici», dice il segretario del Pdl, che prosegue: «Biosogna tornarci su e ottenere il dimezzamento del numero dei parlamentari. Quanto al finanziamento sono dell’idea che bisogna puntare soprattutto sul privato. Occorre diminuire l’apparato politico, ma anche renderlo più efficiente. Siccome alla gente sembra inutile, è chiaro che diventa fondamentale la vicenda dei costi della politica». Sulla stessa linea anche Bersani: «Una delle cose importanti da fare è una legge sui partiti che fino ad ora non è stata fatta, ci sono stati partiti più o meno personali, e questo non va bene. Ci vuole una norma uguale per tutti sulla trasparenza e sui codici etici e anche sul finanziamento».
 
Le riforme da fare
«Il decreto di Patroni Griffi rischia di essere un gran pasticcio. Era più logico se si sopprimevano tutte le province e poi si affidavano le competenze», è uno dei rari attacchi che Pier Ferdinando Casini rivolge al governo. «Bisogna parlare di riforma costituzionale ma non a pezzi e bocconi, bisogna darsi uno strumento per riformare la seconda parte della Costituzione perché sono 20 anni che diciamo di voler dare un sistema più efficiente e invece continuiamo a fare bricolage», rilancia invece il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani.

Sul fisco tante critiche a Monti

Quando il dibattito tocca i temi fiscali, si capisce il perché di tanto ostracismo del Pd e del Pdl nei confronti di un’ipotesi di Monti bis. A cominciare dallo stesso Casini, che bacchetta il premier sulla sua ultima idea: «Io oggi sono contro la patrimoniale, perchè abbiamo già fatto l’Imu che è una patrimoniale mascherata. In linea teorica avrei preferito la patrimoniale all’Imu».  E Alfano è ancora più duro: «Io sono contrario a ogni forma di nuova tassazione. Di Monti non ho condiviso l’aumento delle tasse».  Poi aggiunge: «Siamo per la revisione dei poteri di Equitalia. I funzionari hanno il nostro sostegno, rispettano le leggi ma sono queste leggi che vanno cambiate perchè si sono dati troppi poteri e troppo violenti». Poi il segretario del Pdl torna sul tema del governo: «Abbiamo sostenuto l’agenda Monti e crediamo che tornando noi al governo nella prossima legislatura manterremo gli impegni assunti con l’Europa. Ora, però, basta tasse. Qui va messo a dieta lo Stato, non le famiglie e le imprese. Il primo a dimagrire deve essere lo Stato. Bisogna abbassare due valori, la spesa pubblica e il debito. Qui occorre tagliare». Duro anche il giudizio del segretario del Pd: «Quanto fatto fin qui dal governo non è sufficiente in termini di equità e di crescita. D’altra parte la politica serve per dare un’indicazione più coerente all’azione di governo», dice Bersani.

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