Il listone “viva Monti” è un mezzo flop

24 Nov 2012 0:01 - di Antonio Rapisarda

Da ieri, per i sondaggisti italiani, un nuovo astro è nato nel firmamento: Luca Cordero di Montezemolo. E di conseguenza un altro, appena poche ore dopo il secco “rimprovero” di Giorgio Napolitano, sembra destinato a rimanere oscurato: Pier Ferdinando Casini. Solo qualche giorno fa, sondaggi alla mano, erano le gesta dei “grillini” l’unico dato impazzito e ambito all’interno delle rilevazioni. Ma ieri, appena dopo il cappuccino mattutino, i dati snocciolati in diretta ad Agorà – per l’esattezza quelli dell’istituto Swg – hanno aperto uno scenario inedito: il nuovo soggetto politico animato dal presidente di Italia Futura (nato appena una settimana fa) arriverebbe a sfiorare il cinque per cento dei consensi. Fin qui, si potrebbe dire, un buon inizio. Lo stesso dato, però, letto assieme ai risultati del sondaggio sull’area che ha individuato Mario Monti come punto di riferimento rappresenta più di un campanello d’allarme per qualcuno: perché accanto all’ascesa del presidente della Ferrari, è proprio l’Udc a pagare dazio dato che, per la prima volta da quando ha abbandonato il centrodestra nell’ormai lontano 2008, si è vista ridotta come forza sotto il 4%. Un dato, questo della seconda (in ordine di tempo) Lista per l’Italia targata Montezemolo, che la colloca sì in sesta posizione tra le forze politiche, ma al vertice di quell’area montiana “governata” fino a questo momento da Pierferdinando Casini. Il resto del sondaggio, tutto sommato, non ha riservato sorprese: dato che il Pd, cresciuto di mezzo punto rispetto alla settimana scorsa, si conferma primo partito, seguito dal Movimento 5 Stelle, al 21,1%. In lieve crescita anche il Pdl, stabile al terzo posto. Perde invece quasi un punto Sel, mentre Fli viene data sotto il 2%.
È chiaro dunque: il vero dato politico registrato è l’avanzata della lista per l’Italia targata Italia Futura. Tant’è che la rilevazione non è passata inosservata ai diretti interessati. A partire, ovviamente, dai centristi della prima ora. «Oggi (ieri, ndr) il presidente Casini presenterà a Pescara la Lista per l’Italia. Un po’ originale che essa venga “sondaggiata” in Rai come soggetto concorrente all’Udc». Così, con una nota polemica, il capo della segreteria Udc Antonio De Poli ha commentato il sondaggio diffuso nel quale, appunto, la dizione “Lista per l’Italia” veniva usata per identificare lo schieramento che fa riferimento a Montezemolo.
Tenere a mente l’aggettivo “concorrente”. Perché proprio questo, dopo la nota chiarificatrice del Quirinale circa il destino (momentaneo) di Monti – ossia la sua incandidabilità in quanto senatore a vita – è il punto: tramontata l’ipotesi del federatore che riunisca tutti i terzisti di ogni latitudine, e poi anche il sostegno ufficiale del premier, si riaprono adesso tutti i giochi all’interno di quell’area che – per qualche ora – aveva assaggiato la possibilità reale di veder convergere, dopo una serie di ministri frementi, l’intero impianto di palazzo Chigi nell’operazione “Monti bis”.
Il sondaggio – evidentemente – ha creato non pochi imbarazzi all’interno delle segreterie tanto che, poche ore dopo, la stessa società di rilevazioni Swg ha cercato di minimizzare la sua stessa rilevazione precisando – come si leggeva in una nota – che, «nel valutare i consensi potenziali della proposta che è stata presentata il 17 novembre con il nome di “Verso la Terza Repubblica” da Montezemolo e altri, ha utilizzato il nome di “Lista per l’Italia”, creando una possibile sovrapposizione con il partito Udc, che a suo tempo aveva utilizzato questo nome, con una possibile conseguente modificazione delle dimensioni del suo consenso potenziale». Per questo motivo, ha assicurato l’Swg, «dalla prossima rilevazione demoscopica provvederà a correggere le dizioni».
Errore di rilevazione dovuto all’assonanza o no, sovrapposizione o meno, il punto politico però, almeno per ciò che le prime rilevazioni hanno dimostrato, è anche un altro: che quest’area vicinissima ai desiderata del presidente Napolitano non raggiunge l’effetto sperato. Perché sommando tutte le varie “liste per l’Italia” il risultato si aggira intorno al 10-12%. Di fatto un mezzo flop.
Il discorso, dunque, potrebbe spostarsi adesso tutto sulla leadership di questa nuova area. Chi sarà il portavoce? Chi determinerà l’agenda? Nell’attesa di capire i numeri la prossima rilevazione, sempre ieri, le due “liste” si contendevano lo scettro del perfetto sostenitore del “Monti 2. La versione (corretta) da Giorgio”. Ad Italia futura che scriveva di voler «far nascere un movimento civico, liberale, popolare e riformista» che si ispiri «alla discontinuità costruttiva, in termini di valori, comportamenti e programmi, dell’esperienza Monti, e che espliciti chiaramente all’elettore chi sosterrà come prossimo Presidente del Consiglio all’indomani delle elezioni», rispondevano rispettivamente lo stesso Casini (per il quale «la lista per l’Italia è un cantiere aperto, è importante continuare il lavoro del governo Monti, formato da politica e società civile») e Fini che spiegava come «a scanso di equivoci questa Lista per l’Italia si presenterà per rendere possibile, se avrà un consenso sufficiente, la prosecuzione dell’azione di riforma del governo Monti, attraverso un governo politico, non tecnico».
Insomma, incidente o meno, per Casini e soci si apre adesso una sfida inedita e, forse, in parte già messa in conto. Del resto, che il leader dell’Udc avesse un po’ subito la discesa in campo di Montezemolo (verso il quale si è già precipitato uno degli uomini forti del governo, ossia il ministro Andrea Riccardi) si era capito subito. Ma, almeno il giorno dopo della convention “Verso la Terza repubblica”, aveva pronosticato tutt’al più una forma di concorrenza dato che «in tutti i campi, dalla politica all’industria, c’è poca concorrenza» e quindi, spiegava, «penso che sia sempre positiva la concorrenza, come quella che si è presentata. Però ho sentito proposte serie, toni pacati, e ho trovato molta sintonia». Già, sintonia. Ciò che non aveva di certo pensato, però, era che qualcuno potesse rubargli lo scettro ancora prima di iniziare.

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