Corsaro: «Lombardia, il Pdl rischia di spaccarsi»

1 Nov 2012 19:53 - di

Non ci sta a fare il poliziotto cattivo, quello che fa la faccia feroce a Bobo mentre il Pdl corteggia la Lega: «Ma io la Lombardia a Maroni non la regalo», spiega Massimo Corsaro, vicepresidente del gruppo alla Camera e parlamentare lombardo tra i protagonisti della trattativa sul Pirellone. Nel giorno del suo compleanno, confessa di aver ricevuto gli auguri anche dai colleghi leghisti, «con i quali c’è affetto e stima», ma che politicamente non lo hanno intenerito.
 
La situazione è confusa a livello nazionale, non ne parliamo in Lombardia. Ma c’è una certezza: Gabriele Albertini è sceso in campo. Sarà lui il candidato del Pdl?

Io sono stato tra i primi, quando si è chiusa l’esperienza Formigoni, a a sostenere che Albertini sarebbe stato l’uomo giusto per correre in Lombardia. Non solo per la sua esperienza di buon amministratore, da sindaco di Milano, ma anche per essere stato fuori dai giochi della politica per il tempo sufficiente a farlo considerare quasi un corpo estraneo ai partiti, nonostante faccia l’europarlamentare con il Pdl. Può interpretare il rinnovamento ma anche quel filone di anti-politica che, ahinoi, è così popolare in questo periodo.

Peccato che faccia fatica a farsi largo perfino nel centrodestra.

È una fase confusa. Mi consola pensare che a sinistra stanno peggio, rincorrono i figli di, prima di Ambrosoli, poi di Pizzul…

Il problema di Albertini sono i diktat della Lega: senza loro non si vince.

Io coltivo ottimi rapporti con la Lega, ma non sono disposto a farmi asservire da loro. Dargli al Lombardia significa creare i presupposti, con le tre principali regioni del nord a guida leghista, per un’accelerazione sul fronte secessionista, dei parlamenti del nord, degli egoismi locali. Una deriva inaccettabile per un partito a ispirazione nazionale come il Pdl.

No a Maroni. Ma se vincesse le primarie?

Quelle andrebbero bene solo se noi fossimo in grado di presentare un candidato realmente appoggiato da tutto il Pdl, come, ovviamente, potrebbe essere Albertini. Ma al momento la mia preoccupazione è che una parte del Pdl, per favorire un accordo a livello nazionale con la Lega, possa decidere di aiutare Maroni.

Cedere alla Lega in Lombardia potrebbe consentire di vincere le Politiche, o almeno di limitare i danni.

Io non credo che ci sia la possibilità di vincere, a livello nazionale, con il Carroccio al 4-5%. Ma non è questo il punto. Non accetto passi indietro rispetto alla nostra cultura identitaria, alle nostre idee, alla politica. Piuttosto preferisco perdere, fare opposizione, prendere meno poltrone, traversare il deserto.

Galan la pensa come lei. La preoccupa?

Buon per lui se una volta tanto la pensa come me.

Lo scenario nazionale non aiuta scelte condivise nel Pdl.

No, la fase è critica, sarebbe inutile negare che all’interno del partito convivono, al momento, linee diverse.

Quante?

Almeno tre. E non coincidono con gli ex di questo o quel partito.

La prima.

Quella di chi ritiene che si possa rinunciare a qualsiasi identità politica e culturale pur di stare nella stanza dei bottoni, di chi è disposto ad accettare inciuci, larghe intese, anche il sostegno incondizionato al governo dei tecnici, a un Monti bis, insieme a partiti con cui non abbiamo mai condiviso nulla.

Nomi?

Frattini. Che poi accusa me e qualcun altro di essere euroscettici.

Non lo siete?

No, io e tanti altri non vogliamo piegarci ai diktat di un’Europa guidata da persone prese nei Cda e nelle banche o peggio, nelle logge massoniche: siamo per un’Europa costruita sulla partecipazione dei popoli, sulla condivisione dal basso delle scelte. Si chiama politica, io la facevo già quando Frattini stava in qualche palazzo della burocrazia internazionale a fare non so cosa.
La seconda anima del Pdl qual è?
Quelli che possono dire tutto e il contrario di tutto, spendendo l’amicizia personale con Berlusconi.

Le amazzoni.

Non solo. Anche chi non facendo parte del Pdl, partecipa a tutte le riunioni, ufficiali e non. Come la Santanchè.

La terza linea è quella nella quale si riconosce lei.

Sì, quella di chi immagina che il Pdl, o come lo si voglia chiamare, Pippo, Pluto o Paperino, possa rappresentare anche in futuro un’identità politica e culturale precisa, alternativa alla sinistra, anche a costo di stare all’opposizione.
 
Alfano quale rappresenta?

Lo vedremo il 16 novembre, quando saranno presentate le candidature alle Primarie. Lì sapremo chi sono i candidati e che linea assumono. A differenza di qualche carissimo amico, io non faccio aperture di credito al buio neanche al segretario.

Anche a costo di appoggiare un altro candidato?

Se esprimesse meglio le posizioni della mia area di riferimento, perché no?

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