Si ricomincia. Ma non siamo allo sbaraglio

25 Set 2012 20:46 - di

Ancora una volta c’ha messo la faccia, magari non quella che in tanti vorrebbero vedere, ma è uscito allo scoperto senza perdere tempo. Prima una densa intervista all’Huffington Post, poi l’arrivo a Roma per rimboccarsi le maniche insieme alla squadra che deve restare unita («non abbiamo né notizie né avvisaglie di scissioni o divisioni», conferma Alfano). Di fronte all’ultimo terremoto politico-istituzionale scaturito dal Lazio-gate Silvio Berlusconi ha voluto dare un segnale forte. Tracciare una deadline, a cominciare dall’abrogazione della legge sul finanziamento ai partiti («per come l’abbiamo conosciuta»). A meno di dodici ore dalle dimissioni della Polverini (che ha definito un gesto «libero, di consapevolezza morale»), il Cavaliere marcia su Roma (per la gioia della Santanchè) e lo fa con il Frecciarossa. Un segnale di discontinuità anche questo?
«Sono due cose diverse, ma posso dire che il treno è comodissimo», risponde. Ma non è certo questa la “svolta” necessaria per ridare linfa a un partito ammaccato e smanioso di rigenerarsi. Niente sarà più come prima: è questo il messaggio chiaro che arriva dal Pdl il day after lo tsunami Lazio. In queste settimane di calvario nessuno a via dell’Umiltà  ha mai pensato di minimizzare lo scandalo dei fondi ai gruppi né il caso Fiorito, ma da ieri la sensazione è che nulla sarà più come prima e che il tasto reset non può più aspettare.
«È necessario intervenire con estrema decisione, con coraggio e severità: la politica in Italia rischia di morire nel discredito in conseguenza di comportamenti collettivi e individuali intollerabili al senso comune e alla coscienza pubblica. Nessuno può chiamarsi fuori», ruggisce il Cavaliere. «Ma non siamo allo sbaraglio», chiarisce appena “atterrato” alla stazione Termini davanti ai cronisti che chiedono lumi su un partito da «rifondare». Sui finanziamenti alla politica usa parole ultimative. «Bisogna abrogare il sistema di finanziamento di gruppi e partiti così come l’abbiamo conosciuto. Si sono fatti dei passi in questa direzione, a livello centrale, ma non basta». Le finanze pubbliche regionali e locali – spiega l’ex premier – devono subire un esame senza indulgenze, e si deve procedere all’abrogazione di ogni erogazione impropria e alla messa in opera di controlli indipendenti, che nessuna norma legislativa a tutela dell’indipendenza delle istituzioni può ostacolare». Poi in un crescendo chiarisce che l’autonomia della politica è una cosa seria, «non si difende consentendo comportamenti indecenti. Su questo garantisco, a nome mio personale e della squadra che entrò in politica nel 1994 per cambiare l’Italia, un impegno di risanamento senza incertezze». Nessuna operazione nostalgia, però, qualcuno si è precipitato a leggere queste parole come un messaggio di ritorno al passato ma le parole di Alfano del pomeriggio fugano ogni dubbio. «Occorre un forte rinnovamento – conclude Berlusconi – per tornare alla politica come servizio e non come fonte di guadagno per i singoli».
Servizio alla comunità nazionale, rinnovamento nella selezione della classe dirigente, trasparenza, rifondazione. Ma anche l’orgoglio di chi non vuole mollare sotto gli scandali di qualche mela marcia e di un sistema generale, che va ricostruito senza compromessi al ribasso e senza farsi schiacciare dall’onda demagogica dell’anticasta.  «Non ammaineremo la bandiera del Pdl e non lo faremo perché la bandiera del partito è pulita», dice Alfano incontrando i giornalisti nella sede del Pdl dopo il vertice con il Cavaliere e i dirigenti locali. Tanto per essere ancora più esplicito spiega che per l’ex  capogruppo Franco Fiorito la carriera politica è finita, almeno finché lui è al timone del Popolo della libertà. Poi, rivolgendosi a quanti si ergono a mammolette, lancia una sfida-provocazione: «Propongo al Pd e agli altri partiti un patto e cioè di non ricandidare i consiglieri uscenti». Sulla questione morale nessuno sconto. «Da oggi i nostri gruppi consiliari avranno i conti certificati da società esterne e, per far sì che sia una scelta di tutti, nelle assemblee regionali proporremo un disegno di legge che fissi questa regola», spiega alla stampa Alfano, reduce proprio dal tavolo con i vertici locali del partito. Una scelta tardiva, certo, ma che anticipa comunque la normativa ancora assente su questo argomento. «Noi – chiarisce il segretario del Pdl –  non aspetteremo la legge ma inizieremo subito. I nostri gruppi regionali poi si attiveranno per una revisione della spesa e poi abbiamo deciso di mettere on line i conti per assicurare la massima trasparenza». Su sollecitazione dei vertici del Pdl del Friuli e della Sardegna, aggiunge, «il partito si impegnerà per accelerare alla Camera l’iter del disegno di legge costituzionale per la diminuzione del consigli regionali di Friuli e Sardegna».
Inevitabile affrontare i nodi del prossimo futuro: regole certe per la selezione della classe dirigente e dei candidati a rappresentare i cittadini nelle istituzioni.
«Proporrò un’assemblea straordinaria per il “rinascimento azzurro”. Una assise in cui saranno decise le regole per la scelta dei candidati e per evitare altri casi Fiorito», dice Alfano aggiungendo che i Fiorito nel Pdl sono pochi e confermando la scelta delle preferenze come lo strumento elettorale che garantisce maggiormente la scelta democratica. «Fiorito è stato eletto con le preferenze ma Lusi con il listino bloccato. Se uno è ladro, ruba con qualsiasi legge elettorale. I vizi non vanno attribuiti al sistema di voto», taglia corto di fronte alle obiezioni delle ultime ore. «Il partito è unito e noi crediamo che il Pdl possa tornare a essere il primo partito. Oggi siamo secondi nei sondaggi, ma gli stessi dicono che la maggior parte degli indecisi vengono dal nostro elettorato. Pensiamo di poterli riconquistare perché non ci sono altri che meritano il consensi dell’Italia moderata».

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