Monti negli Usa: whisky & soda & rock’n’roll

25 Set 2012 20:39 - di

Okay, baby. Monti vuole fare l’americano, whisky & soda & rock’n’roll, e si è presentato a New York andando agli appuntamenti come i rappresentanti di detersivi: “Il mio prodotto ha funzionato”. Ed è supportato, qui in Italia, dalla solita stampa in ginocchio, che ha parlato della sua visita negli Usa come di un grande evento. Del resto, il premier ha visto anche Ban ki-Moon e poi si è concesso alle telecamere di Cnn e Pbs. Ovunque ha cercato di celebrare il suo governo accreditandolo come l’esecutivo della svolta. Adesso, ha detto nel giro stelle e strisce, il Belpaese non rappresenta più il pericolo di infezione per l’economia occidentale in generale e per quella europea in particolare: «Sono qui per dare la percezione sull’evoluzione della situazione in Italia. New York è una di quelle città in cui si forma molto l’opinione mondiale». In sostanza, Monti insegue un altro spot, stavolta oltrepassando l’oceano. E proprio per questo ha cercato di spiegare che una cura da cavallo lunga dieci mesi ha riportato sotto controllo i conti ed entro il prossimo anno ci consentirà di agganciare la crescita. Sarebbe questa la famosa luce in fondo al tunnel. Ma i dati che arrivano dall’Italia danno tutt’altra lettura, non solo per lo spread e per il pessimismo in Borsa. L’Istat, la Confcommercio, Confindustria, le organizzazioni sindacali e perfino le agenzie di rating concordano sul fatto che gli scenari sono tutti negativi. Non siamo stati mai così male dal 1946, ossia dall’immediato dopoguerra. E le macerie, checché se ne dica, sono state causate dalle stangate del governo tecnico.

Consumi a picco
Confcommercio vede nero, rivede al ribasso le stime e prevede che quest’anno i consumi pro capite degli italiani si contraggano di un ulteriore 3 per cento: il dato peggiore a partire dal 1946. La crisi colpisce tutti, anche il rito del caffè. Si salvano soltanto la telefonia e l’informatica, ma da sole valgono ben poco si fronte a una situazione di depressione generale che arriva dopo che, dal 2007 al primo semestre del 2012, gli acquisti degli italiani hanno subito una contrazione che in termini reali raggiunge il 6,5 per cento. Due famiglie su tre, fa sapere la Confederazione italiana agricoltori, fanno i salti mortali e arrivano a fine mese solo facendo notevoli tagli alla spesa, compresa quella alimentare. Gli italiani cercano di risparmiare come meglio possono: il 53 per cento facendo il giro di negozi e mercati,  il 32 per cento abbandonando le grandi marche, il 24 dedicandosi alla cucina di recupero. I discount fanno ancora affari, ma sono i soli a reggere la spallata della crisi. Il resto del settore del commercio batte in ritirata lasciando morti e feriti sul terreno. I negozi di mobili e arredamento, ma anche l’intero commercio dei beni durevoli e semidurevoli denunciano una situazione di estrema difficoltà, mentre i piccoli negozi al dettaglio chiudono a migliaia. Ci sono le vendite che vanno male, ma ci sono anche i servizi che continuano a costare sempre di più: bollette, trasporti spazzatura, spazi espositivi, fisco e addizionali di ogni genere. E chi ha qualche lavorante sconta anche le problematiche legate al costo del lavoro, perché nel nostro paese le buste paga continuano a essere magrissime, ma i costi per le aziende sono invece sempre più salati.

Allarme retribuzioni
La situazione potrebbe addirittura peggiorare se in tempi abbastanza celeri non si riusciranno a dare risposte concrete ai circa 3,8 milioni di lavoratori (29 per cento del totale) che hanno il contratto scaduto e che rischiano di dover attendere ancora a lungo, visto che in Italia i tempi di attesa per il rinnovo sono oggi di 32,1 mesi mentre un anno fa erano di 20,4. Il tutto in presenza di aumenti dei salari che non riescono a tenere il passo dell’inflazione e che quindi ogni mese perdono potere d’acquisto. Dice l’Istat che ad agosto le retribuzioni contrattuali orarie sono aumentate dell’1,6 per cento rispetto allo scorso anno, mentre i prezzi al consumo hanno segnato una crescita del 3,2 per cento. Ogni mese, dunque, operai e impiegati non solo non aumentano la loro capacità di spesa ma ne perdono una parte. «Le retribuzioni – sostiene la Confederazione italiana agricoltori – sono praticamente ferme mentre un litro di benzina arriva a costare più di una bottiglia di vino  da tavola o quanto 10 uova». E Giovanni Centrella, segretario generale dell’Ugl, osserva che «di questo passo la crescita è destinata a restare un miraggio. Aspettative confermate dagli allarmanti segnali di difficoltà provenienti dal mercato interno e dal fatto che, al momento, non si intravede la disponibilità a un alleggerimento della pressione fiscale su buste paga e pensioni». Abbiamo toccato il fondo? No. Informa l’Istat che a gennaio del 2013, se nel frattempo i contratti non saranno rinnovati l’aumento annuo delle retribuzioni scenderà allo 0,9 per cento. Peggio di così…

Casa: mercato in picchiata
Altro che la luce in fondo al tunnel di cui parlava Monti qualche settimana fa. La situazione si va facendo sempre più difficile, tanto che Standard & Poor’s stila un rapporto e taglia le previsioni di crescita. Interessata è tutta Eurolandia, che l’anno prossimo sarà a crescita zero, ma per Italia e Spagna la situazione sarà anche peggiore. Per noi l’agenzia di rating parla di «recessione più profonda», il che lascerebbe intendere che non solo non arriverà lo sviluppo ma si paventano ancora scenari in rosso. E non c’è da stupirsene, visto come vanno le cose per quanto riguarda il mercato immobiliare. Nel primo trimestre 2012 – fa sapere l’Istat – le compravendite di unità immobiliari (154.813) sono diminuite del 16,9 per cento su base annua. Interessati sono sia i grandi centri che le città minori. Del resto l’andamento dei mutui è tale da far pensare ad una vera e propria debacle. Nel primo trimestre del 2012 i prestiti contratti per l’acquisto della casa sono diminuiti  del 49,6 per cento rispetto a un anno prima. Tutte le ripartizioni territoriali – specifica l’Istat – mostrano variazioni tendenziali negative. Per i mutui non garantiti da ipoteca immobiliare è il Centro (-74,5 per cento) a registrare la flessione tendenziale più marcata, mentre per quelli garantiti da ipoteca immobiliare il calo tendenziale maggiore si registra nelle Isole (- 45,8%).

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