Semaforo verde al presidenzialismo

24 Lug 2012 20:52 - di

Via libera al semipresidenzialismo a Palazzo Madama. Con i voti di Pdl,  Lega e Coesione nazionale passa l’emendamento all’articolo 9 del pacchetto sulle riforme costituzionali che prevede l’elezione diretta a suffragio universale del presidente della Repubblica. Un voto «storico» per il partito di Alfano che ha fatto della battaglia presidenzialista il fiore all’occhiello dell’ultima stagione (anche se a Montecitorio la strada è in salita. Un «diversivo senza costrutto» per il Pd, che insieme all’Idv è uscito dall’Aula per non partecipare al misfatto.
«È una scelta che guarda al futuro, a un rafforzamento della democrazia diretta e dei sistemi di partecipazione dei cittadini alla vita delle istituzioni», commenta Maurizio Gasparri, primo firmatario dell’emendamento sul quale si è ricostituito l’asse con il Carroccio anche a seguito dell’incontro tra Berlusconi e Bobo Maroni. Oggi a via dell’Umiltà il Cavaliere e Angelino Alfano incontreranno la stampa per illustrare il progetto e le prossime mosse. Il modello francese, passato per alzatata di mano con l’assenza di democratici e dipietristi e l’astensione di Fli, è una battaglia che viene da lontano e che Gasparri rivendica con orgoglio di fronte alla levata di scudi di Anna Finocchiaro. «Questa proposta non è improvvisata ma affonda le sue radici nel dibattito della nostra Repubblica democratica. Da tempo si avvertiva l’esigenza di una modifica del nostro impianto costituzionale. Una battaglia che attraversa tutta la storia italiana e che coinvolge i suoi maggiori esponenti, da Valiani a Calamadrei, da Almirante a Berlusconi ed a tutto il Pdl». Non è una scelta di propaganda e nemmeno una bandiera da sventolare, dicono nel Pdl, rispedendo al mittente l’accusa di irresponsabilità. Da Montecitorio Fabrizio Cicchitto plaude al lavoro dei colleghi: «La decisione del Senato sul presidenzialismo è molto positiva perché può mettere in moto un meccanismo di alto profilo per ciò che riguarda le riforme istituzionali e anche quelle elettorali». Su Twitter Giorgia Meloni scrive «bene il Senato sul semipresidenzialismo: è una nostra battaglia storica. Facciamo ripartire l’Italia dalle scelte del suo popolo». Due, invece, i senatori del Pdlv che votano in dissenso dal gruppo: Beppe Pisanu, da alcuni mesi in posizione di dissenso dalle scelte di via dell’Umiltà, e Giuseppe Saro, che in un comunicato stampa spiega le ragioni dell’astensione: «È uno sbaglio approvare un provvedimento che non vedrà mai la luce e finirà sul binario morto alla Camera. È stato un errore fare prima un patto con il Pd sulle riforme e poi ribaltarlo e farlo con la Lega».
Per il capogruppo dei democratici a Palazzo Madama la rinnovata alleanza è un cataclisma nazionale. «Fa davvero effetto leggere le dichiarazioni di propaganda e di giubilo fatte dall’onorevole Alfano e del senatore Gasparri in merito al presidenzialismo proprio mentre all’interno del Pdl si alzano autorevoli voci di dissenso. Pisanu e Saro – dichiara la Finocchiaro –  dicono la verità e confermano che nel Pdl non tutti sono alla mercé delle scorribande di Berlusconi». Bersani parla di un diversivo «senza costrutto» e spera solo che «in questo gesto irresponsabile, inutile e del tutto inconcludente non si facciano deroghe a quello che dobbiamo fare subito, la riforma elettorale». Per D’Alema «è un colpo di mano» fatto sapendo che su questo non c’era accordo, «il testo che ha ottenuto il via libera di palazzo Madama non troverà mai la luce, è un atto puramente propagandistico. Il Pdl ha preferito rompere tutto per mettere manifesti sui muri». Vannino Chiti, più concreto, teme una rivincita politica della vecchia maggioranza berlusconiana: «Quanto sta avvenendo da alcune settimane al Senato è un fatto gravissimo dal punto di vista politico e istituzionale. La maggioranza parallela formata da Pdl e Lega sta portando avanti una riforma della Costituzione inaccettabile nel metodo e nel merito. Oggi si è toccato il fondo con l’approvazione, con una maggioranza risicata, dell’articolo che introduce il semipresidenzialismo». Questa sorta di “doppia maggioranza”  – è il ragionamento fatto a largo del Nazareno – metterebbe a rischio la tenuta del governo. «È grave – continua Chiti – lo strappo compiuto dal partito di Berlusconi che, dopo aver contribuito all’approvazione in commissione Affari Costituzionali di un testo condiviso, si è rimangiato tutto, stringendo un patto con la Lega che prevede lo scambio tra il semipresidenzialismo e il mostro istituzionale che chiamano Senato federale». Bersani tenta la controffensiva chiedendo «subitissimo» la riforma del porcellum mentre Pier Ferdinando Casini a metà pomeriggio non fa mancare le sue perle di saggezza centrista: «Il voto al Senato non mi sorprende ma è una sorta di vorrei ma non posso: non esiste il tema del semipresidenzialismo ma la necessità di fare la legge elettorale». Anche Sel grida al complotto e alla deriva plebiscitaria ordita dal Cavaliere del male. Di un «grottesco rigurgito di berlusconismo», parla Gennaro Migliore che invita il sonnolento Pd «a trarre le conseguenza di una maggioranza utile solo a far resuscitare la destra peggiore».

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