Centrella: «Da ex tuta blu sono triste ma non sparo sulla Fiat»

18 Lug 2012 20:48 - di

Il dramma e la rabbia dei lavoratori di Pomigliano se li sente cuciti sulla pelle Giovanni Centrella, una storia da metalmeccanico nella Fiat di Pratola Serra alle spalle, un passato che rivendica anche oggi da segretario generale dell’Ugl, il sindacato in cui è cresciuto. Non si sente un «ex collega» degli operai che oggi si trovano in un mare di guai. Si sente uno di loro.

Centrella, oggi si sente un po’ più “operaio”?

Sì, ci tengo ad essere intervistato come un loro collega a tutti gli effetti, visto che sono in distacco sindacale e ho lavorato a lungo proprio a 60 km da Pomigliano, nella sezione che fabbrica i motori delle vetture. Mai avrei pensato che questo stabilimento storico chiudesse. Non si può negare che la Fiat non ci abbia creduto e investito e noi sindacalisti abbiamo fatto nuovi contratti solo per Pomigliano. Sono indignato da operaio e preoccupato come sindacalista. Vivo sulla mia pelle questa lacerazione.

Che direbbe a un suo “collega” che andrà presto in cassa integrazione?

Non saprei che dirgli, lo guarderei negli occhi. E questo è grave detto da segretario di un sindacato, lo ammetto: non siamo nelle condizioni di dire nulla. Questo significa che la situazione è molto preoccupante. Anche se non me la sento di dare la croce addosso alla Fiat.

Le responsabilità, allora?

Se le aziende non sono nelle condizioni di guardare al di là del loro naso, la motivazione va ricercata nella crisi sistemica che l’economia mondiale sta attraversando e, all’interno di essa, tutto il mercato dell’automobile. Ognuno ha cercato di fare la sua parte: noi, ad esempio, abbiamo firmato accordi importanti per il recupero del sito di Pomigliano d’Arco. La Fiat ha fatto investimenti che non si possono negare. È il mercato che è stagnante.

Cosa pensa un operaio Fiat in questo momento?

Non gliene importa niente di tutto questo, e qui viene fuori la mia anima operaia. Un lavoratore dice: ho già avuto problemi per cinque anni, ho votato un referendum, sperando di salvare il posto, ho fatto di tutto per rivedere la mia organizzazione di lavoro e ora? Che fa il governo? Che fa il sindacato? Non mi sento di contraddirlo…

Lei ha risolto spesso vertenze complicate. Ora?

Se si vogliono crescita e occupazione, bisogna rimettere in moto il mercato e questo vuol dire detassare la busta paga di operai e impiegati. Con più denaro nelle tasche il ceto medio è nelle condizione di spendere, acquistare auto… Poi direi alla Fiat che sarebbe il caso di mettersi tutti intorno a un tavolo per capire e ragionare in termini responsabili e pragmatici. Le direi di non pensare solo agli utili dell’azienda ma agli essere umani, alle famiglie che chiedono di non essere abbandonate.

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