Passa l’anticorruzione (e finisce la pazienza)

14 Giu 2012 20:39 - di

Con appena 354 sì ieri la Camera ha licenziato il ddl anti-corruzione. Ora il testo passa al Senato, dove l’iter si annuncia tutt’altro che semplice. Le tre fiducie volute dal governo sulla parte penale, infatti, hanno risolto il problema di licenziare il provvedimento in tempi rapidi ma, strangolando il dibattito, hanno acuito le difficoltà sui contenuti. Tra le forze politiche, Pdl in testa, restano forti perplessità su una legge che è ritenuta sì necessaria, ma in cui i principi di legalità e garantismo vanno conciliati, pena cedere a una cultura giustizialista che si trasformerebbe presto in una caccia alle streghe.

I nodi da sciogliere: concussione e influenze
Risolta con un odg unitario la questione della incandidabilità dei condannati, sul tavolo restano i nodi della nuova concussione e delle influenze. Nel primo caso si introduce come reato autonomo la concussione «per induzione a dare o promettere utilità», nel secondo si prevede la fattispecie della «mediazione illecita» realizzata da chi trae vantaggio, economico o di altra natura, dalle proprie relazioni con un pubblico ufficiale. Il problema è che, così come sono, le norme si prestano a interpretazioni e forzature, prevedendo tra l’altro un ampio margine di discrezionalità per i magistrati. Lo stesso ministro Paola Severino ha ammesso che c’è bisogno di maggiore chiarezza: «È stato approvato un ordine del giorno molto importante: il governo si è impegnato a definire la differenza tra traffico di influenze illecite e lobbismo, un fenomeno lecito in tanti Paesi del mondo, sul quale esiste una ricca legislazione internazionale alla quale ci ispireremo. Illecito è invece l’indebito pagamento per indebite interferenze». E ancora, pur rivendicando di aver dato ampio spazio al confronto e di aver optato per la fiducia solo quando «ci siamo resi conto che il dialogo non andava più avanti», la Severino ha ricordato che «riserve sono state fatte da un parte e dall’altra, ma se pretendessimo di aver fatto la legge migliore del mondo peccheremmo di presunzione». Anche il governo, insomma, sembra essere consapevole del fatto che il lavoro di approfondimento poteva essere maggiore e, non a caso, il Guardasigilli ha spiegato che «apprezzo la ragionevolezza e lo spirito di chi ha votato la fiducia».
 
I numeri traballanti: 354 sì, 102 astenuti
Dunque, quella di ieri a Montecitorio è stata prima di tutto un’ennesima affermazione di responsabilità da parte dei partiti. Ma è chiaro che ormai al governo restano sempre meno chance di giovarsi del meccanismo “votiamo perché non ci sono alternative”, che finora ha retto Camere e maggioranza. A testimoniarlo ci sono prima di tutto i numeri: quei 354 sì di ieri sono assai meno dei voti su cui in teoria l’esecutivo dovrebbe poter contare. E, se i contrari sono stati solo 25, il numero degli astenuti è stato da record: 102, tra i quali, oltre ai deputati della Lega, c’erano 38 esponenti del Pdl. Ma c’è stato anche l’esplicito avvertimento di Fabrizio Cicchitto: «Faremo di tutto in Senato per cambiare il ddl anticorruzione sulla nuova concussione e sulle influenze».

Il Pdl in prima fila contro la corruzione
«Sgombro il campo da un dato: in tutti questi anni il Pdl è stato in prima fila nella lotta contro la corruzione e la mafia. Ogni provocazione la rinviamo al mittente», ha proseguito il capogruppo del Pdl alla Camera, ricordando quello che anche altri deputati hanno ricordato: il primo impulso all’anti-corruzione è venuto dal governo Berlusconi, Angelino Alfano Guardasigilli. «Il merito di questo provvedimento è da attribuirsi al ministro della Giustizia del governo Berlusconi, perché – ha ricordato Enrico Costa – è stato il primo ad avere l’intuizione che la lotta alla corruzione non si fa solo con la repressione penale, ma soprattutto attraverso la prevenzione fatta di procedure amministrative trasparenti, chiare e lineari».

Ma serve un bilanciamento dei poteri

Ma un conto è l’indirizzo, altro conto è il modo in cui poi si scrivono le norme. «Con la nuova concussione – ha detto Cicchitto – Penati gode di una legge ad personam. E sul traffico di influenza Micciché ha detto cose ragionevoli che condivido interamente. Così diamo un alto potere di discrezionalità ai pm». Il leader di Grande Sud aveva spiegato che «il combinato disposto di intercettazioni e influenza ci mette tutti in condizione di essere indagati», sottolineando che con questo ddl potrebbe passare per traffico di influenza anche il lavoro di mediazione tra istituzioni e cittadini, che è la quotidianità dei politici. «Noi – ha sottolineato Cicchitto – avremmo voluto liberamente dibattere su questi due punti senza che lei, ministro Severino, venisse in Parlamento a metterci le manette, impedendoci un confronto che un governo tecnico privo di una maggioranza avrebbe dovuto invece favorire». «E siccome occorre sempre un bilanciamento di poteri – ha aggiunto ancora il capogruppo del Pdl – al Senato sosterremo la responsabilità civile dei giudici. E al ministro diamo un elemento di riflessione: non venga a proporci emendamenti con l’esercizio da parte del governo della stessa pratica che è stata svolta qui alla Camera. In questo caso non voteremo la fiducia perché uomo, o meglio donna, avvisata è mezzo salvata!».

Il botta e risposta Cicchitto-Fini
Alla presa di posizione di Cicchitto è seguito un commento del presidente della Camera, Gianfranco Fini: «Spero di essere smentito, ma dopo l’intervento dell’onorevole Cicchitto, temo che il ddl anticorruzione non sarà approvato prima della fine della legislatura». «Lo diciamo al presidente Fini – ha replicato Cicchitto – ferma rimanendo l’autonomia del Senato, con poche modifiche il provvedimento potrà essere approvato. In politica come in natura – ha concluso il capogruppo del Pdl – le forzature non sono mai paganti, anzi alla fine vengono pagate da chi le mette in atto».

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