L’Italia è un Paese per vecchi, il governo over 64 la sua fotografia

17 Mag 2012 20:42 - di

Cos’hanno in comune politici, manager, vescovi e professori italiani? L’età. Spetta infatti all’Italia il non lusinghiero primato europeo di anzianità della classe dirigente, con un’età media di 59 anni. L’istantanea è stata scattata dal primo report sull’anagrafe dei potenti italiani nel tempo della crisi, presentato ieri nel corso dell’assemblea dei giovani della Coldiretti a Roma. Il record è toccato dai manager delle banche, a pari merito con i vescovi in carica e dai rappresentanti del governo, rispettivamente con 67 e 64 anni, seguiti dai professori universitari con 63 anni. I più “baby” sono i dirigenti delle aziende quotate in Borsa con 53 anni.
La classe dirigente italiana è la più vecchia d’Europa ed è curioso che proprio con l’attuale governo Monti e dei suoi tecnici, l’Italia oggi rappresenti in tutto e per tutto la fotografia anticata di questo primato che ci consegna l’indagine: il presidente del Consiglio, Mario Monti ha 69 anni e i ministri più giovani, Renato Balduzzi e Filippo Patroni Griffi, hanno 57 anni. La media, dunque, è di 64 anni. Qualche paragone “impietoso”? Ebbene, in Gran Bretagna David Cameron è diventato primo ministro a 43 anni, Tony Blair a 44, John Major a 47 e Gordon Brown a poco più di 50.
Scendendo nei particolari, tra i parlamentari l’età media dei senatori è di 57 anni e quella dei deputati 54. Nelle ultime 3 legislature sono stati eletti soltanto 2 “under 30” su 2.500 deputati, anche se il peso dei 25-29 enni è pari al 28% della popolazione eleggibile. Oggi solo un deputato su 630 ha meno di 30 anni e salendo di un decennio la morale non cambia di molto: appena 47 sono infatti gli “under 40” mentre gli “over 60” anni sono 157.
Vecchia e incollata alla poltrona: questa impietosa fotografia della classe dirigente italiana non è sfuggita all’ironia dei giovani della Coldiretti: «La maggioranza della classe dirigente attuale andrà probabilmente in pensione prima che la crisi sia superata, anche se si tiene conto della riforma del Ministro del Lavoro Elsa Fornero», ha ironizzato un delegato nazionale, Vittorio Sangiorgio, nel sottolineare che «la disoccupazione giovanile record non è solo un problema familiare e sociale, ma provoca anche un invecchiamento della classe dirigente italiana che deve affrontare la crisi con il Paese che sta rinunciando a energie e risorse fondamentali per la crescita». Sulla stessa lunghezza d’onda la “linea verde” del Pdl: Annagrazia Calabria, coordinatore Nazionale di Giovane Italia, insieme ai deputati Nicola Formichella, Nino Germanà e Nunzia De Girolamo, in merito a questi dati ritengono «urgente avviare un processo di rinnovamento della classe dirigente». Non è retorica giovanilista né «sciocca presunzione che giovane significhi migliore, spiegano in un notaq. «Ma è innegabile che i più giovani non vengono messi nelle condizioni di rivestire ruoli di responsabilità. Risulta necessario dunque costruire una società dove siano coniugate le migliori qualità di ogni generazione, presupposto per una società moderna e informata all’equità intergenerazionale». Un’anzianità che, per quanto riguarda la burocrazia, va ad incidere secondo cittadini e imprese, sulla scarsa attenzione per le nuove tecnologie. Ecco che l’età media dei direttori generali della Pubblica amministrazione è di 57 anni, che sale a 61 per le aziende partecipate statali. La situazione migliora nel privato dove gli amministratori delegati delle aziende quotate in Borsa a Milano hanno in media 53 anni. Sul fronte universitario un quarto dei professori ha più di 60 anni, contro il 10% in Francia e Spagna e l’8% in Gran Bretagna; 3 su 16 mila sono gli ordinari con meno di 35 anni e 78 gli under 40. I segretari regionali dei sindacati dei lavoratori, infine, secondo il report, hanno in media 57 anni e 59 quelli delle organizzazioni di rappresentanza di industria e commercio. Vecchi all’anagrafe, vecchi nelle idee con cui si cerca di riproporre modelli di sviluppo fondati sulla finanza e sulle economie di scala che hanno già fallito altrove, come dimostrano questi tempi di crisi.

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