«Clima di timore, l’Italia ha bisogno di politiche diverse»

11 Mag 2012 20:37 - di

Sostegno del Pdl al governo, crisi, riforme necessarie, rischio terrorismo: di questo ha parlato ieri Silvio Berlusconi, rispondendo ai giornalisti incntrati a Milano dopo i funerali del senatore pidiellino Cantoni. Berlusconi, dopo le fibrillazioni interne al partito dove in molto considerano l’appoggio a Monti la causa principale dei risultati insoddisfacenti delle amministrative, ribadisce che l’attuale premier dovrà portare a termine il mandato fino al 2013 anche se il Pdl garantisce il voto solo sui provvedimenti che ritiene davvero utili al Paese.
Poi il leader del Pdl è tornato su un tema che gli sta particolarmente a cuore, quello delle riforme che dovrebbero rendere l’Italia un Paese finalmente governabile con quel piglio decisionista che è stata una delle caratteristiche del Cavaliere prima maniera. Proprio la mancanza di riforme ha generato, secondo Berlusconi, quell’antipolitica che adesso crea problemi a tutti i partiti: l’antipolitica «ha scoraggiato gli italiani e questa è la testimonianza che c’è un sistema che non dà agli italiani quello di cui avrebbero bisogno». «Il nostro – ha ribadito l’ex premier – è un sistema che non consente al Paese di essere governato».
Ma le cose più importanti le ha dette in riferimento al clima di scoramento e di sfiducia che attraversa il Paese, terreno minato perché da lì possono scaturire fenomeni allarmanti come il terrorismo che richiedono una risposta determinata: basta con la politica del rigore per far recuperare una visione più serena del futuro e per disinnescare le derive violente della protesta. «C’è un clima di grande timore, di grande pessimismo, di scarsa fiducia nel futuro a cui dovremmo reagire, credo, con una politica totalmente diversa da quella che è la cosiddetta politica del rigore che si può applicare soltanto in una economia di sviluppo». «Quando c’è un clima come questo – ha sottolineato Berlusconi – c’è un terreno che può dare luogo da un lato al terrorismo e da un lato alla dittatura. Speriamo che non sia così perché ritengo che non sia il caso dell’Italia, ma sicuramente non è una situazione che ci lascia del tutto tranquilli».
Sullo sfondo delle preoccupazioni del premier non ci sono solo i vagiti del neoterrorismo anarchico ma soprattutto la frammentazione del quadro politico in caso di voto a ottobre. Il Pdl ha bisogno di tempo per prepararsi e anche per sondare l’eventuale gradimento di Angelino Alfano. Ma c’è anche bisogno di trattare sulla legge elettorale perché proprio sul nuovo sistema di voto potrebbero rinascere vecchie o nuove alleanze. Certo Berlusconi non è rimasto indifferente dinanzi alle dichiarazioni di Casini che ha archiviato l’esperienza del Terzo Polo ma verso il leader Udc mantiene una diffidenza antica, anche perché gli uomini del Pdl hanno già detto chiaro e tondo che se la condizione per tornare all’abbraccio con l’Udc è un passo indietro del Cavaliere ogni trattativa si chiude prima di cominciare.
Nel Pdl in tanti ormai dicono apertamente che la mancanza di un Berlusconi impegnato in prima persona non rappresenta un valore aggiunto per il partito ma un pesante handicap. È probabile che sarà ancora lui dunque a guidare dopo i ballottaggi la rifondazione del Pdl per scongiurare quanto vaticinato ieri in un’intervista al “Corriere” da Paolo Del Debbio, uno dei fondatori di Forza Italia nel 1994: «Il Pdl è un po’ come Spencer Tracy nel Vecchio e il Mare: hanno tra le mani un grande pesce ma non lo tirano in barca» e il «grande pesce» è il consenso «che si sono trovati fra le mani, regalato da Berlusconi». «Se non c’è il Cavaliere – avverte Del Debbio –  ti devi inventare qualcosa: mentre l’impressione è che pensino che quell’eredità rimarrà a vita. Devi dare l’idea di una Italia diversa, parlare di riforme, dirmi come affronti la crisi economica».

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