Boniver: «In Africa si rischia un altro Afghanistan»

4 Mag 2012 20:44 - di

«Se non stiamo attenti, qui si rischia un nuovo Afghanistan». A lanciare l’allarme è Margherita Boniver, inviata del ministro degli Esteri per le emergenze umanitarie, rientrata da poco dalla capitale della Nigeria Abuja, dopo gli attentati contro i cristiani da parte della setta Boko Haram. L’ultimo dei quali avvenuto proprio ieri in un mercato nel nordest della Nigeria che ha provocato la morte di almeno 60 persone, dove uomini armati hanno gettato bombe e aperto il fuoco con armi automatiche nel mercato di bestiame di Potiskum.

Come mai prospetta questo pericolo?

In Nigeria ho avuto colloqui con le massime autorità istituzionali e religiose, sia islamiche sia cristiane, ma soprattutto ho percepito una stiìuazione di grande instabilità derivante dalla raffica di attentati sanguinosi che da qualche tempo avvengono nel Paese.

Si tratta di un contrasto inter religioso?

No, assolutamente. In Nigeria, a quanto dicono concordemente gli esponenti religiosi e politici, la convivenza tra animisti, cristiani e musulmani è sempre stata totale. Le varie comunità hanno sempre lavorato insieme, nel rispetto reciproco.Sono questi ultimi fatti cruenti che stanno di fatto creando una frattura. Praticamente non passa giorno che Boko Haram, questa setta di fanatici disprezzata dagli stessi musulmani, non compia qualche atto criminale, che poi non fa distinzione di religione o di etnia tra le vittime.

Ma chi sono questi terroristi di Boko Haram?

Letteralmente Boko Haram significa «l’educazione occidentale è un peccato», ma la connotazione religiosa è pressoché insignificante, perché è una setta di fanatici oscurantisti che vorrebbe importe la sharia, ma la loro sharia, su tutta la Nigeria. Fondata dieci anni fa, è venuta alla ribalta delle cronache solo negli ultimi anni, anche grazie al rapimento e alla successiva uccisione del nostro concittadino, l’ingegner Franco Lamolinara.

Perché Boko Haram è così temuto dallo Stato nigeriano?

Per varie ragioni. Innanzitutto perché sta frantumando la fiducia tra le due comunità religiose e la fiducia di queste nello Stato; ma soprattutto perché si teme, e ci sono prove concrete, che la setta faccia parte di una più vasta rete, in questa zona dell’Africa, che comprende anche al Qaeda-Maghreb e gli stessi Shabaab somali. Boko Haram, a quanto apprede l’intelligence nigeriano, sta facendo proseliti attirando anche miliziani dall’estero. Per questo sostengo che il pericolo è quello di una realizzazione, nel cuore del continente, di un nuovo Afghanistan, che sarebbe peggiore perché queste regioni sono davvero in massima parte delle “no-men-lands”.

La Nigeria non è in grado di affrontare la minaccia?

Il governo fa quello che può, ma ovviamente la prevenzione non basta. Anche perché la Nigeria, Paese di circa 160 milioni di abitanti, ha dei grandissimi problemi: il 64 per cento della popolazione vive con un dollaro al giorno, e nelle zone dove si estrae il petrolio la popolazione è poverissima. Lì operano altri gruppi armati, come il Mend, e si va espandendo il fenomeno del “bunkering”, che vede bande di nigeriani estrarre il greggio illegalmente, metterlo nei barili e venderlo di contrabbando. Per questo ribadisco che la Nigeria non deve essere lasciata sola: il contenimento dei gruppi armati deve certo essere compito delle istituzioni nigeriane, aiutate però dall’Onu e dalla Comunità internazionale, giacché la minaccia travalica i confini dell’ex colonia inglese.

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