Troppi proclami pochi riscontri. La fiducia vacilla

2 Apr 2012 20:58 - di

La realtà è quella cosa che resta uguale indipendentemente dai nostri desideri. E la realtà che viviamo quotidianamente è quella di una nazione in crisi strutturale. La politica degli annunci e dei proclami non risolve alcun problema. Non è questione di disfattismo, non c’entra nulla il senso di responsabilità. Quando l’allora ministro Tremonti disse – nel 2009 – che l’Italia era stata in grado di far fronte alla crisi del credito esplosa l’anno precedente, gli venne rinfacciato a lungo come un atto irresponsabile o addirittura una menzogna nei confronti dei cittadini. Quando l’allora presidente del Consiglio Berlusconi sostenne che serviva “ottimismo” per rilanciare lo sviluppo sostenendo la teoria che maggiori consumi avrebbero rimesso in modo la produttività, gli venne risposto a più voci che molti italiani, che non arrivavano a fine mese, potevano sentirsi feriti da un appello a consumare di più ed essere ottimisti.
Una cosa è certa: non basta dire che tutto va bene perché le cose migliorino. Soprattutto se non ci si mette d’accordo prima su quale sia la versione ufficiale. Non va bene, per dire, che da Roma il ministro delle Attività produttive dica che siamo in galoppante recessione e che, da qualche posto in Asia, il presidente del Consiglio proclami al mondo che la crisi dell’Eurozona è terminata e che l’Italia è in risalita. In politica, è vero, la propaganda fa la differenza e nessuno più del Governo antipolitico dei tecnici ha preso questa massima alla lettera.
Se i vertici istituzionali – presidente della Repubblica incluso – inondano quotidianamente i media con dichiarazioni ottimistiche se non trionfali ma in contemporanea le associazioni di categoria, i centri di analisi, la Banca d’Italia, pubblicano dati che dicono che le cose stanno andando in direzione opposta, si fa tutti una brutta figura.
Non è solo una questione di “fiducia”. Questo è stato l’equivoco principale dell’approccio di Monti. Riguadagnare la fiducia degli investitori stranieri e tranquillizzare gli italiani. Non si può fare ignorando i fatti. Forse sarebbe più serio ammettere alcuni enormi errori commessi, fare un bagno di umiltà e chiedere aiuto a chi ha più esperienza.

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