Gli italiani scaricano il governo dei tecnici

26 Apr 2012 20:22 - di

La sobrietà non basta per uscire dalla crisi e pensare positivo E neppure le rassicurazioni quotidiane su sviluppo e crescita declinate sempre al futuro. La luna di miele tra gli italiani e Mario Monti è ormai al capolinea: neppure le più sofisticate operazioni di marketing possono resistere in eterno. Al premier tecnico, scelto a dispetto del voto popolare dalla più alta carica dello Stato per salvare l’Italia dal baratro, sta voltando le spalle un italiano su due. Nell’ultimo mese, aprile crudele, Monti perde quattro punti di gradimento rispetto a marzo passando dal 55% del mese scorso all’attuale 51%: ancora un piccolo passo in questa direzione e l’europrofessore perde la fiducia della metà degli italiani.
A rilevare il cattivo stato di salute dell’esecutivo dei professori è l’ultimo sondaggio effettuato dall’Ipr Marketing per Repubblica on line. Non siamo ai forconi nelle piazze ma a una serpeggiante disobbedienza civile che cresce di mugugno in mugugno a ogni annuncio del premier, prima impegnato a fare i compiti chiesti dall’Europa, risparmi tradotti in tasse, ora alle prese con la “vigilanza” sul possibile cambio di marcia del direttorio comunitario. Chi fa maggiormente le spese di questo calo di fiducia è l’esecutivo nel suo complesso, che non gode più del favore della maggioranza degli italiani passando in un mese dal 50% al 45%, con un calo del 5%. Solo due ministri posso vantare più del 50 per cento mentre la primatista, in negativo, si conferma il ministro del Lavoro Elsa Fornero, scesa dal primo posto iniziale al penultimo.Una caduta libera che dimostra la delusione dell’opinione pubblica per le ricette montiane sul terreno minato del lavoro. Dalla pole position delle prime settimane, quelle contraddistinte dalle lacrime pubbliche, con il 58 per cento di gradimento, il ministro è sceso al 42 per cento registrando un calo costante arrivato a ben 16 punti.  
Le mirabili sorti e progressive del dopo-Berlusconi si infrangono sulla realtà quotidiana che parla di suicidi, di recessione, di tasse e disoccupazione. A leggere le curve di popolarità di Monti dal suo insediamento ad oggi si registra un trend negativo costante: la fiducia complessiva nel governo scende di quasi dieci punti dalla sua nascita (dal 54 per cento di dicembre al 45 per cento di oggi). Il massimo di gradimento (62 per cento) viene raggiunto prima della manovra “Salva Italia" quando le aspettative di ripresa erano massime, le gaffe dei ministri e i provvedimenti lacrime e sangue ancora lontani, anche se prevedibili.
A crescere vistosamente è il numero di quanti hanno poca o nessuna fiducia nei tecnici che passa dal 38% del mese scorso al 47% attuale, con un aumento di ben 9 punti. Scendono contemporaneamente i senza opinioni, passati dal 12 all’8%. Chi non se la sentiva di dare pagelle fino a poco fa oggi si è fatto un’idea negativa dell’esecutivo dei tecnici che ha disatteso tutti gli impegni. Se l’appeal non è la prima dote dell’europrofessore che non ha certo le “phisyque du role” del trascinatore, il potere seduttivo dei suoi ministri è addirittura “non pervenuto”. Quelli che godono di una sufficiente conoscenza degli italiani da poter essere monitorati sono solo 9. Di questi solo due riescono a stare sopra quota 50 ma sono comunque in declino: il titolare della Giustizia, Anna Maria Cancellieri (con il 53%) che perde due punti, e il ministro dell’Economia Corrado Passera (50%) che perde tre punti. Seguono nella classifica del gradimento Andrea Riccardi (49%, in calo del 4%), Paola Severino (49%, nessuna variazione), Piero Giarda (46%, meno 3), Francesco Profumo (43%, immutato), Elsa Fornero (42%, con un calo del 4%) e Corrado Clini (36%, senza variazione).
Un flop annunciato,  un risultato fisiologico, perché di fronte alla recessione mondiale e al rischio default dell’Italia invece di imboccare la strada dei tecnici ventriloqui della grande finanza internazionale  forse bisognava tentare un’autocritica del neoliberismo e cercare un nuovo modello economico, magari anche attraverso il voto popolare che in democrazia non dovrebbe essere un optional. Invece con Monti e con la definitiva delegittimazione del Parlamento e dei partiti si è continuato ad alimentare quel modello, chiedendo soldi ai lavoratori e ai ceti meno ricchi, tagli delle pensioni, del welfare, licenziabilità. Tutto possibile grazie alla presunta neutralità dell’inquilino di Palazzo Chigi. Oggi anche gli italiani che non hanno letto le strigliate all’Italia di Mario Draghi hanno capito che non solo le tasse sono una fregatura ma che lo sviluppo non può più aspettare. E non credono più al ruolo taumaturgico del professore prestato a Palazzo Chigi che aveva promesso rigore, crescita, sviluppo, equità e invece ha tagliato pensioni, aumentato il prezzo della benzina e resuscitato l’imposta sugli immobili. L’esaltazione collettiva per l’uscita di scena del Cavaliere e la grancassa mediatica di osanne e lodi sperticate a Supermario, “distante e distinto” dal teatrino della politica, si sono esaurite alimentando il pascolo sconfinato dell’antipolitica. «È finito l’effetto spot», commenta Pietrangelo Buttafuoco, «al momento dell’insediamento di Monti non c’era un solo quotidiano, una fornace, che non avesse preparato adeguatamente l’avvio del governo… Ora l’innamoramento è finito, è la dura realtà del matrimonio». Lo scrittore e giornalista siciliano non crede alla vulgata consolatoria secondo la quale i cittadini erano disposti a consegnare il portafoglio alla patria per fare fronte all’emergenza. «Non c’è mai stato questo afflato nazionale, c’è invece un’orchestrazione maliziosa, una situazione talmente drogata nell’informazione pubblica che neanche dieci anni di Bunga bunga potevano fronteggiare. Pompei crollava prima, Pompei crolla dopo». C’è invece una sospensione della volontà politica e della politica, complice l’incaponirsi delle officine dell’informazione e la pochezza delle opposizioni». L’Italia – conclude Buttafuoco – non ha sovranità politica, tutto è deciso altrove». E chi è il vero sovrano? «La finanzia internazionale, ma nessuno lo racconta».

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