Come votare? Il Pdl benedice l’intesa ma fissa i suoi paletti

28 Mar 2012 20:11 - di

I piccoli fanno le barricate, i grandi faticano a trattenere i mal di pancia. La bozza di riforma della legge elettorale, con la quale è cominciata l’archiviazione del tanto contestato Porcellum, sembra per il momento aver creato più problemi di quanti non ne abbia risolti. Nel Pdl prevale l’attendismo, ma molti giurano che un ritorno alla Prima Repubblica, con coalizioni decise nelle segrete stanze della partitocrazia, è assolutamente da escludere.

La riunione dei “tecnici”
Ma per il momento, appunto, solo di intesa di massima si tratta. Proprio per andare oltre questa preliminare fase di indeterminatezza, ieri pomeriggio si è tenuta una riunione dei tecnici di Pd, Pdl e Terzo Polo per iniziare a mettere a punto una bozza di riforma della legge elettorale alla luce degli accordi presi martedì nel vertice di maggioranza con Alfano, Bersani e Casini. Incontro, quello di ieri, che non è piaciuto al senatore del Pdl Altero Matteoli. «Apprendiamo – ha detto – che è in corso una riunione dei “tecnici” per definire il disegno di legge sulla legge elettorale senza che il Pdl abbia ancora convocato gli organi del partito. È necessario che Alfano convochi il partito per discutere su un argomento vitale per la politica e per il Paese». L’ex ministro sottolinea come senza «una sintesi le conseguenze possano essere gravissime». Anche perché, ha spiegato, regna una certa confusione sull’argomento: «Dopo l’accordo tra Alfano, Bersani e Casini, Gasparri sostiene che il bipolarismo è salvo, Adornato afferma esattamente il contrario, Parisi che è in forse la convivenza tra Pd e ex Margherita, altri dicono che chi non è d’accordo con quanto stabilito dai tre leader politici vuole lasciare in vita il porcellum. È evidente che l’accordo abbia scatenato polemiche e confusione che sono certo aumenteranno in modo esponenziale nei prossimi giorni».

Tornare al passato? Mai
Entrando nel merito, invece, l’idea che, non essendoci vincoli di coalizione, le alleanze si possano fare e disfare a piacimento non piace a molti, nel Pdl. «Premetto – spiega per esempio Massimo Corsaro – che siamo veramente in alto mare, per ora sono stati messi solo dei principi di massima, poi dobbiamo vedere il meccanismo nel dettaglio. Di sicuro posso affermare che per il Pdl è centrale che non si perda il vero portato di questa Seconda Repubblica: la possibilità, da parte dell’elettore, di di scegliere il proprio candidato premier». Più che la questione della designazione del premier, tuttavia, è la chiarezza sulle alleanze che sembra messa in discussione. Ma il deputato del Pdl fissa i paletti: «Vediamo tecnicamente come si articolerà la legge – spiega – ma è ovvio che una eventuale rinuncia alla chiarezza sulle alleanze sarebbe un passo indietro negativo, buono solo per chi ha scarsa identità e può stare indifferentemente di qua o di là. Ritorno alla Prima Repubblica? Se così fosse noi non ci staremo». Anche Vincenzo Nespoli, un esperto dell’argomento, ha le idee chiare in merito:«Intanto – dice il senatore del Pdl – possiamo dire che per noi la legge elettorale deve necessariamente andare insieme con la riforma costituzionale, l’una non può andare senza l’altra. Poi ci sono molti punti che vanno chiariti. Si dice, per esempio, che non c’è vincolo di coalizione, ma c’è un premio di governabilità al primo partito o ai primi due. È evidente che attorno a questi partiti si aggregheranno le eventuali coalizioni. Nessuno può pensare che la maggioranza nasca dopo le elezioni e senza un programma condiviso stabilito prima. In sostanza questa bozza mi sembra frutto di un buon compromesso, seppur con dei limiti. Ribadisco, comunque, che siamo contrari a nuove leggi elettorali senza legge costituzionale». Per il resto, se il coordinatore del Pdl Sandro Bondi si dice convinto che «una nuova legge elettorale, sul modello di quella che si sta discutendo, è necessaria per far rivivere un nuovo bipolarismo», Margherita Boniver sembra più scettica, in quanto la bozza le «ricorda tanto la “politica dei due forni”, di andreottiana memoria. Ben venga, comunque, una soluzione che ridia agli elettori la scelta dei propri rappresentanti e non per ultimo una sostanziale riduzione dei parlamentari».

Gli outsider
Se nel partiti di Alfano non manca qualche mal di pancia, fuori dalla triade Pd-Pdl-Terzo Polo le reazioni sono furenti. A cominciare dalla Lega. «È un passo indietro deciso da Pdl, Pd e col benestare dei democristiani», sono «tutti intorno al tavolo perchè l’unico fine è fare fuori quelli scomodi, ovvero la Lega», commenta Matteo Salvini, del Carroccio. «Più si conoscono i dettagli e più questo disegno infame di legge elettorale salvacasta va combattuto. È il colpo alla nuca della democrazia e noi venderemo cara la pelle. Anche nelle alleanze locali. A partire da Roma», tuona Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra. Il leader di Sel, Nichi Vendola, dal canto suo, promette una «reazione durissima, innanzitutto contro il Pd», augurandosi che le prime bozze della legge siano «il frutto di una comunicazione ebbra e involontariamente comica». Per Antonio Di Pietro, dell’Idv, invece, «la legge elettorale che vogliono proporre passa dall’attuale porcata alla vaccata. Perché il cittadino non deve conoscere prima del voto il programma, le alleanze e quale governo ci sarà?», si è chiesto.

Il Pd si spacca?
Ma se le critiche di piccoli e meno piccoli erano scontate, più deflagrante appare la spaccatura interna al Pd. Bersani, ovviamente, difende la bozza e rilancia: «Vogliamo tenerci il porcellum o cambiare?». E poi, nel merito: «È infondato dire che i partiti con la riforma avranno mani libere, abbiamo fissato vincoli perchè gli elettori scelgano i parlamentari e gli indirizzi del governo. Nessuno mette in discussione il bipolarismo, il problema è come farlo: con le ammucchiate per un voto in più del porcellum una volta si è interrotta la legislatura e ora siamo in una situazione singolare che non può essere messa a regime». Ma i prodiani del Pd rumoreggiano e, per bocca di Arturo Parisi, minacciano addirittura la scissione: «Mi chiedo se i dirigenti non debbano tornare ai loro vecchi partiti», dice. Per l’ex della Margherita, «questo accordo elettorale è un imbroglio, è un viaggio indietro nel tempo; la maggior parte degli eletti sarà scelto dalle segreterie dei partiti, questo è un porcellinum. La legge elettorale sulla quale ci sarebbe un accordo è un imbroglio perchè i sottoscrittori dell’accordo, quelli che sembrano voler camminare d’amore e d’accordo insieme, non si rendono conto che stanno intraprendendo un viaggio all’indietro».

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