“l’Unità” ringrazia lo spot di Marchionne

28 Feb 2012 20:36 - di

Una promozione così Conchita De Gregorio e Oliviero Toscani se la sognavano. Altro che fondoschiena in jeans e giornale ficcato nella tasca posteriore. Al manifesto si staranno mangiando i gomiti. Loro si erano illusi di incrementare le vendite con Robert De Niro come testimonial. Roba da dilettanti rispetto alla trovata di Sergio Marchionne, che ha regalato un’occasione promozionale formidabile all’Unità
La bacheca non è di Facebook, ma dello stabilimento Magneti Marelli Weber di Bologna. In fabbrica «i padroni», come li chiamavano un tempo gli operai duri e puri, hanno levato dalla bacheca della fabbrica le pagine del quotidiano l’Unità.
La rappresentanza Fiom dell’azienda non l’ha presa benissimo (per usare un eufemismo). L’azienda del gruppo Fiat, hanno attaccato, «ha cacciato fuori dallo stabilimento anche lo storico quotidiano che alcuni ex delegati Fiom-Cgil, non avendo più la possibilità di utilizzare la bacheca sindacale, compravano a spese loro e attaccavano in un’altra bacheca preposta ai giornali». Lì, vicino alla sala mese, «evidentemente – ha denunciato il sindacato, davano fastidio le cose che il giornale scriveva e così dopo 60 anni, il quotidiano esce dalla fabbrica».
Chi ha ovviamente cavalcato la questione sono stati quelli del quotidiano ex Pci, Pds. Copertina e pagine su pagine dedicate agli operai vittime di questo oltraggioso gesto. Persino il solitamente brillante Gene Gnocchi, intervistato per l’occasione, ha replicato con un’intervista talmente seriosa e trombonesca da far rimpiangere le dichiarazioni dei delegati Fiom.
La “censura”, ci arrivano tutti, è più simbolica che di una qualche valenza mediatica. Nell’era di internet e degli smartphone, delle tv satellitari e dei mille canali del digitale terrestre, le pagine cartacee affisse davanti alla mensa aziendale non cambiano la storia della comunicazione. Ma il pretesto è perfetto per indignarsi, per dimenticare gli abiti gessati, i salotti buoni, i discorsi da «abbiamo una banca», per tuffarsi in quel luogo dimenticato da uomini e apparati del Pd, un luogo chiamato fabbrica.  
In sintonia con i dirigenti del Pd, il giornale diretto da Claudio Sardo, ha così riscoperto  l’identità barricadera che aveva smarrito nel corso degli anni. Ve lo ricordate il Pd di Bersani che, a ogni occasione, ammiccava a Della Valle e Montezemolo? Che non ha disdegnato qualche strizzata d’occhio alla leader di Confindustria, Marcegaglia? Che, in funzione antiberlusconiana, sognava l’uomo nuovo e che sarebbe disposta perfino a votare Passera premier? La scelta della Magneti Marelli ha quindi restituito il giornale alle tute blu, agli operai e ai Cipputi. Stretto da tempo sul fronte del populismo giustizialista dal Fatto quotidiano dell’ex direttore (oggi rivale) Antonio Padellaro, ha finalmente approfittato dello spot firmato da Marchionne. Che c’è di meglio – per rilanciare l’oroglio dei lettori postcomunisti – che tornare a comprare il giornale? Andare in edicola e sborsare un euro e venti centesimi. Se non per amore almeno per dispetto (verso Marchionne).

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