Giochi, Monti non ha sentito ragioni (c’era chi, come Passera, era favorevole)

15 Feb 2012 20:50 - di

Il Consiglio dei ministri non era tutto a favore del “no” a Roma. All’indomani della rinuncia di Monti a sostenere la candidatura della Capitale alle Olimpiadi del 2020, è Mario Pescante, ormai ex presidente del comitato promotore della candidatura, a rivelare, ospite del programma di Radio2 Un giorno da pecora, i passaggi cruciali dell’incontro con il presidente del Consiglio. «Il comitato non esiste più, stiamo chiudendo», ha detto Pescante, che aveva intuito il rifiuto del premier. «Me la aspettavo, diversamente dai miei compagni di viaggio, il sindaco Gianni Alemanno e il presidente del Coni Petrucci. Noi – ha sottolineato Pescante – siamo arrivati presto, ma siamo entrati dopo due ore e mezzo. Ci avevano avvisato che c’era il Consiglio dei ministri e abbiamo preferito attendere lì. Si era capito che all’ultimo minuto si può comprare un biglietto aereo con lo sconto, ma non prendere una decisione così. Qualcuno, per l’attesa, voleva andarsene». Chi? «Petrucci», ha ammesso Pescante. Poi ha rivelato che non tutti nel governo erano contrari ai Giochi: «Ce n’era qualcuno a favore: Passera era favorevole».
Ci vorrà del tempo prima che i sostenitori della candidatura di Roma superino la delusione per un “no” che continua ad apparire ingiustificato. Ma non c’è solo questo: c’è anche il disappunto per una decisione che nel mondo penalizza l’immagine di Roma e dell’Italia intera e che accredita la tesi che il nostro Paese si trovi nella stessa disastrosa situazione economica della Grecia. Una scelta così assurda che anche l’Unità ieri ha titolato in prima pagina «Ferma Italia». «La decisione ci lascia l’amaro in bocca. Anzi, a dire la verità non ci convince del tutto». È uno dei passaggi del fondo titolato “Questione di fiducia”: «Qual è il messaggio che stiamo dando al mondo e agli investitori: quello di un Paese serio e responsabile o quello di una nazione incapace di organizzare un grande evento?». Una teoria che hanno sposato anche i giornali internazionali: «L’Italia rinuncia alle Olimpiadi per mancanza di soldi». E il primo risultato di questa scelta è quello che, subito dopo la ritirata di Roma, si è fatta avanti Istanbul aggiungendosi alle altre città in lizza: Tokyo, Doha, Madrid e Baku. Monti, dal canto suo, pare non rendersi conto degli effetti del suo “no”. E infatti ieri si è presentato all’assemblea di Strasburgo e con fair play ha spiegato di aver preso «una decisione difficile e non popolare» e ha affermato a posteriori che «il progetto era magnifico». E poi quella che è suonata come una battuta: «Spero ci siano altre occasioni». Ma quali? Non è l’unica domanda che in questi giorni resta senza risposta. L’altra riguarda la “legittimazione” stessa di Monti ad assumere una decisione del genere, che non riguarda semplicemente l’oggi ma che investe una prospettiva di lunga durata. Subito dopo il no, è stato Antonio Di Pietro a sottolineare che «il premier, essendo messo lì per adottare misure di urgenza e di emergenza, non è stato votato da nessuno, quindi non deve occuparsi di cose future». Il che, però, vuol dire anche che non può nemmeno inibire lo sviluppo futuro dell’Italia. E infatti il no di Monti non ferma Roma. «È una scelta difficile da accettare, una prova molto dura ma certo non ci fermeremo», ha scritto  Alemanno sul suo blog. «Ho evitato polemiche perché non mi interessa fare polemiche, ma scriverò a Monti per chiedere qual è l’idea di sviluppo che dobbiamo costruire insieme, fra Roma e il governo nazionale. Se non ci sono le Olimpiadi, il governo deve confrontarsi con noi per affrontare problemi strutturali altrimenti irrisolvibil». Quanto al no alla candidatura di Roma, Alemanno ha precisato che «ogni qualvolta nasce un grande progetto in Italia questo progetto viene avversato, viene visto con sospetto, non si pensa tanto alle sue valenze positive quanto alle difficoltà, ma noi crediamo che i progetti siano necessari».
Ma il day after è anche il giorno della resa dei conti. «I protagonisti assoluti della bocciatura del progetto Olimpiadi 2020 a Roma, se Monti non ha avuto fiducia della capacità gestionale della Capitale come si vocifera nei corridoi, sono Rutelli e Veltroni. Il dissesto finanziario di Roma gli deve essere totalmente attribuito, così come le assurde opere incompiute o compiute male». A puntare il dito contro le precedenti amministrazioni capitoline è il parlamentare del Pdl, Fabio Rampelli,  componente della commissione sport. «Voglio ricordare che con i fondi del Giubileo del 2000 – ha spiegato – Rutelli avrebbe dovuto consegnare opere strategiche che, a dodici anni di distanza, sono ancora in corso, come la discutibilissima metro C. Per non parlare dell’avveniristica Città dello sport di Tor Vergata, firmata dall’archistar Calatrava, onerosissima e destinata a rimanere una landa desolata di plinti e ferri, corredata dalla scultura del maestro, che non diventerà mai un palazzetto dello sport perché chi la volle non si preoccupò di reperire le risorse per il completamento e la gestione economica. Stesso problema con la Nuvola di Fuksas, una ferita nella città razionalista, per la cui conclusione occorrono ancora un paio di cento milioni di euro». In questa elencazione, ha detto ancora Rampelli «non possono mancare gli impianti dei mondiali di nuoto, un guazzabuglio di atti assurdi sempre varati da Veltroni e su cui Alemanno non poteva fare altro che interventi “a sanatoria”, non potendo certo rinviare i Campionati del mondo. La lista sarebbe lunga, questi pochi esempi servono solo a tacitare quei campioni di correttezza della sinistra, corresponsabili della candidatura olimpica di Roma finché è stata un’opportunità e oggi tutti pronti a prendere le distanze o a scaricare la colpa del no di Monti sul sindaco». Molto dura anche la reazione del presidente dei costruttori romani Eugenio Batelli: «Secondo recenti studi il Pil di Roma con le Olimpiadi sarebbe aumentato di 3,8 punti percentuali nell’arco di 4-6 anni, quello italiano di quasi 2 punti. Gli effetti negativi di questa decisione sono elevatissimi». Non solo, si prospettano anche ricadute negative su altre manifestazioni sportive. La bocciatura può avere anche delle conseguenze per quella di Bologna ad ospitare le Universiadi del 2017.

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