Mirko Tremaglia testimone di italianità

2 Gen 2012 19:58 - di

Mirko Tremaglia ha lasciato la sua comunità politica dopo una lunga e coerente militanza condotta con la tempra del vero combattente. È stato un personaggio con una posizione tutta speciale nella vicenda politica della destra del dopoguerra. Aderì giovanissimo alla Repubblica sociale italiana e non si è mai vergognato di quella scelta, sapendo che alla fine anche le ragioni dei vinti sarebbero state ricomprese nel seno di quella pacificazione nazionale che fu sempre obiettivo prioritario del Msi. Le sue idee al Nord, a Milano, erano portate avanti da mio zio Franco de Agazio e dal suo giornale, Meridiano d’Italia, del quale proprio in questi giorni sto rileggendo la collezione. Mentre mio zio venne ucciso dalla Volante rossa, Tremaglia ha potuto vedere nei fatti i primi segni di una riconciliazione tra vinti e vincitori: ciò avvenne infatti con il famoso discorso di Luciano Violante del 1996 che, da presidente della Camera, al momento dell’insediamento disse che era venuto il momento di riflettere anche sulle ragioni dei vinti e in particolare sulle ragioni di chi in buona fede si schierò dalla parte di Salò. Mirko Tremaglia si commosse per quelle parole e giustamente volle scorgere in quell’apertura un passo concreto verso un comune sentimento di italianità, un valore che è sempre stata la caratteristica del suo lungo impegno politico, quell’italianità che voleva fosse una bandiera anche all’estero attraverso i Ctim. A questa particolare azione di valorizzazione degli italiani all’estero è legato il nome di Mirko Tremaglia, divenuto ministro e quindi padre della legge che concedeva il voto agli italiani nel mondo.
Ma sarebbe riduttivo circoscrivere solo a questa battaglia l’opera del politico Tremaglia, che lascia in eredità ai giovani che lo hanno apprezzato l’esempio di un uomo tenace nel difendere i propri ideali all’interno del Msi e poi in An: gli riconosco proprio questa dote, quella di credere fermamente nei suoi ideali di ragazzo, ma senza arroccarsi, accettando alla fine il processo di modernizzazione della destra politica che io ho sempre auspicato. Infatti con una certa sofferenza Tremaglia ha vissuto il passaggio dal Msi ad An e poi anche il successivo scioglimento di An nel Pdl, mentre io ho sempre fortemente voluto una destra proiettata nel futuro. Alla fine ha ritenuto di seguire Gianfranco Fini nello strappo con il Pdl e in ciò ha seguito le sue idee, ha visto una continuità con l’impegno di un’intera esistenza.  
La vita di Mirko Tremaglia è stata segnata da difficoltà e da importanti riconoscimenti ma anche da un grande dolore, la perdita del figlio Marzio, apprezzato assessore alla Cultura della Lombardia, morto nel 2000. È stato un duro colpo per tutto il nostro mondo che riponeva in Marzio grandi aspettative, poiché tutti noi vedevamo che aveva le qualità e le capacità per essere un punto di riferimento per tutta la destra nel Nord. La scomparsa di Marzio è stata grave doppiamente per la sua famiglia ma anche per tutti noi.
È stato detto giustamente che con Tremaglia se ne va un altro pezzo della nostra storia e ciò corrisponde al vero. Ma noi nel salutare questi uomini, nel rendere onore alla loro corenza, non dobbiamo solo guardare al passato, ma dobbiamo inserirli all’interno di un’eredità dinamica, capace di arricchire un’intera comunità umana al di là delle recenti divisioni. Ecco allora che di Tremaglia vogliamo e dobbiamo ricordare la coerenza, la tempra del combattente, la tenacia nel difendere l’italianità, la costanza nel tutelare i diritti dei nostri connazionali all’estero e anche le battaglie per la legalità, perché non riusciva a concepire la politica come disgiunta da una limpida moralità. In questo, come tutti noi, era debitore dell’opera di Giorgio Almirante che proprio nei vizi della partitocrazia, purtroppo tutt’altro che estirpati, individuava il principale fattore di decadenza della nostra Italia.

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