«Con queste misure mi avrebbero linciato»

20 Dic 2011 20:34 - di

Qualcuno dice che Berlusconi è un Franciacorta con le bollicine e Monti è una cedrata. Di certo il Cavaliere ha più vite di un gatto e, se non gongola per gli ostacoli incontrati dal suo successore a Palazzo Chigi (anzi conferma i suoi impegni di lealtà), è pronto per le prossime sfide forte di una coalizione che, dice, «ha ancora la maggioranza in Parlamento».
«Il mio impegno politico non è concluso», avverte in un’intervista esclusiva a Chi oggi in edicola, «smetterò soltanto quando l’Italia sarà davvero un Paese liberale. Se mi sono dimesso  è perché è ho ritenuto che l’Italia, in un momento difficile, avesse bisogno della massima unità e solidarietà delle forze politiche. Si richiedeva un sacrificio e l’ho fatto per affrontare questa fase». Lunedì sera una lunga telefonata nel bel mezzo di una cena degli iscritti in Alto Adige, ieri lo scambio di auguri al Quirinale prima di correre al consueto incontro pre-natalizio con i parlamentare del Pdl: tutte occasioni per tracciare la road map del centrodestra e fare un bilancio del dopo dimissioni. «Si è trattato di un’assoluta assunzione di responsabilità – ha ripetuto –  pur senza essere mai stato sfiduciato in Parlamento o battuto elettoralmente, innanzi all’escalation di attacchi provenienti da un’opposizione irresponsabile, unica in Europa, e da categorie e parti sociali, che oggi forse si sono accorte dell’errore di aver indotto alle dimissioni un governo politico, legittimo, al quale per natura democratica è imposta la discussione con le parti». Quanto alla scelta del Colle di evitare a tutti i costi le urne e dare vita a un esecutivo di emergenza, sulla quale ieri il presidente Napolitano è voluto tornare, Berlusconi si è detto d’accordo con l’autodifesa del Colle, non siamo in regime di “democrazia sospesa”, come la Lega continua a sostenere alzando i toni. «Sì, ha ragione il capo dello Stato, è così, ma è una cosa anomala rispetto al normale svolgimento della legislatura», ha detto ai cronisti spiegando che quando un politico parla alla propria platea «usa delle espressioni colorite».
In più occasioni il Cavaliere, che oggi incontrerà il premier a colazione insieme con Gianni Letta, ha voluto ribadire il sostegno all’inquilino di Palazzo Chigi e allontanare l’idea del voto anticipato. «A Monti ho fatto una promessa di leale collaborazione, anche se comunque dovrà avere il consenso del Parlamento, nel quale la mia parte politica ha sempre la maggioranza». Che cosa gli regalerei? «Se esistesse, un grande vaso colmo di pazienza. È una virtù fondamentale per cercare di governare l’Italia. L’ho imparato in tutti questi anni. Anche a mie spese». E il discorso scivola sulle misure anticrisi, sulla manovra lacrime e sangue e sulle difficoltà del Paese, che il presidente della Repubblica ha ben fotografato nel suo intervento («è stato un intervento ottimo, completo»). Nessuno ha la bacchetta magica, ammette il Cav che però su leva qualche soddisfazione postuma.«Se una manovra come quella proposta da Monti l’avessi fatta io, mi avrebbero come minimo linciato», dice ricordando che il suo governo, pur tra mille difficoltà dettate dalla crisi internazionale, ha «prima abbassato le tasse con la cancellazione dell’Ici sulla prima casa, quindi garantito lo stipendio ai lavoratori con la cassa integrazione e poi ha provveduto a fare manovre con tagli alla spesa pubblica, ragionamenti sulle dimissioni immobiliari del patrimonio dello Stato, senza prendere in considerazione l’idea di mettere mai le mani nelle tasche dei cittadini. Anche perché più si tassa, più è alto il rischio di recessione». A margine della cerimonia al Quirinale, poi, apre alla modifica della legge elettorale e smentisce di aver mai parlato con il ministro Passera di televisione («non ne parlo, semmai ci vado e anche poco»). Il sistema elettorale deve essere modificato, «c’è un referendum, vediamo cosa dice la Corte ma mi pare che da parte dei cittadini ci sia la voglia di poter scegliere direttamente il proprio candidato». E i difficili rapporti con Bossi e le intemperanze del Carroccio in versione barricadera? Qui si fa più sfuggente. Bocche cucite sulle voci di un’imminente colazione di lavoro con il senatùr che, secondo qualcuno, si sarebbe già “celebrata”. «Ci sono ragioni obiettive che mi impongono il silenzio», risponde sorridendo l’ex premier, «ma chi ve l’ha detto che non c’è già stato? Su queste cose devo fare il politico».

Commenti