Gli uomini “in nero” raccontati da Mario Merlino

21 Nov 2011 20:10 - di

Il filosofo rinascimentale Carlo Bovillo diceva che l’uomo è il mirabile specchio del mondo. L’ultimo romanzo di Mario Merlino Atmosfere in nero (edizioni Settimo Sigillo), proprio come sosteneva il pensatore francese, focalizza l’attenzione del lettore sull’Uomo. Cinque novelle che offrono al lettore l’esatta percezione di come dovrebbe essere l’uomo ideale. Vale a dire un Prometeo del sentire, un testimone dell’Idea fino al suo pieno compimento. Dell’abnegazione fino al sacrificio di se stessi. Dello spirito di conquista fino al concepimento di un nuovo ordine politico e civile. Del coraggio fino al suo temerario, oltranzistico inveramento. Perché «fatti non fummo per viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza», come diceva un tempo uno che di spiriti nobili se ne intendeva.
Ebbene, i protagonisti di questo bel libro sono dei coraggiosi testimoni dell’anima perché, a differenza della maggior parte dei comuni mortali, opportunisti e voltagabbana, “loro”, al momento della verità, con sprezzo della vita, rimasero uguali a sé stessi, alle scelte compiute e ai valori abbracciati. Archetipi essenziali di vera Umanità fatti propri un tempo ormai lontano, allorché giurarono “fedeltà o morte” a un uomo e alla sua idea. Un’idea che, secondo i loro intendimenti, avrebbe rivoluzionato il mondo così come lo conosciamo, portando ovunque progresso per i forti e riscatto ed emancipazione per i più deboli. E questa coerenza, questa unità d’intenti, il legionario Emilio, il sottotenente Bernardino, il meccanico Marco, l’ausiliaria Gina, lo spigoloso contadino, il maestro Leandro, l’hanno testimoniata e sofferta sulla propria pelle. E anche il tremebondo Ludovico, il ragazzo della novella Il manifesto, uno che avrebbe voluto reagire ma che non se l’è sentita, ebbene, anch’egli a modo suo ha patito. Ha sofferto per tutta la sua esistenza davanti a un vecchio manifesto di propaganda bellica in quanto, al momento di scegliere, non è riuscito ad essere all’altezza della solare ausiliaria Gina, una stoica ragazza che pur di non rinnegare i suoi ideali subì un atroce castigo. Ludovico, al contrario, uomo, sì, ma senza attributi, non ha avuto il fegato di sfidare quel padre vile e rancoroso, quel prete cinico e intrigante, quella sua famiglia d’imboscati e cospiratori già pronta a saltare sul carro del vincitore per festeggiare oscenamente la disfatta della propria Patria. Del resto Marsilio Ficino diceva che l’uomo, forte della sua “onnicomprensività” che lo rendeva una creatura privilegiata, da un lato è in grado di elevarsi fino a rendersi quasi simile a Dio, ma dall’altro lato, può anche degradarsi sino a scendere al livello della bestia più immonda.
Ed ecco allora Merlino offrirci sull’ara sacrificale l’olocausto cruento ma sublime del sottufficiale Bernardino Bernardini, l’eroe di All’ombra del padre. Un valoroso, Bernardino, che, tamponandosi con stoicismo un occhio ormai fuoruscito dall’orbita per le percosse subite, esorta con parole ferme la giovane recluta Emilio a non dare ai suoi aguzzini alcuna soddisfazione. Emilio, infatti, pestato anch’egli con selvaggia crudeltà, vorrebbe gridare, disperarsi, urlare in faccia al nemico tutta la sua rabbia. Una rabbia resa ancora più aspra dalla mancanza di parola da parte dei gappisti, che pure avevano promesso a quei generosi combattenti l’incolumità in cambio di una resa onorevole. Ma nel devastato Norditalia del 1945 “pietà l’è morta” e con essa s’è definitivamente estinto ogni sentimento d’umanità e ogni sorta di rispetto per patti siglati o promesse sottoscritte. Emilio finirà con unirsi a Mila, la figlia di quel galantuomo di ufficiale. E questo, Emilio ne è certo, non è stato un caso. Un perdigiorno, uno scapestrato fattosi uomo è il protagonista della seconda novella di Atmosfere: “Alima è andata via”. Marco, spedito dal regime in terra d’Africa per “farsi le ossa”, viene incaricato della manutenzione del parco veicoli della colonia. In  breve tempo il giovane, improvvisamente diventato un adulto del tutto consapevole della missione di civiltà da svolgere in quella terra, s’invaghisce di una bellissima indigena, Alima. È solo un uomo, Marco, ma per Alima è simile a un Dio. E come un Dio il bell’italiano viene omaggiato e onorato dalla splendida etiope, che gli si offre incondizionatamente e che per amor suo sfida anche l’ostilità dei membri della tribù. Fino al giorno in cui il ragazzo non ottiene il dono più inaspettato e ambito che un uomo possa mai ricevere. La bella Alima infatti, vedendo il proprio eroe trascinato in catene dagli inglesi vincitori, lo onora per l’ultima volta tendendo orgogliosamente il braccio e irrigidendosi nel saluto romano. Un contadino duro, un ex combattente “repubblichino” tetragono e incapace di comunicare affetto a moglie e figlio è il protagonista della novella Il silenzio della terra. Qui la sofferenza è collettiva e grava come un macigno su tutto il gruppo familiare, finché la catartica scomparsa della madre non sopraggiunge a sciogliere la cappa di piombo che grava sulla vicenda e a gettare una luce di comprensione a tutta la compagnia. E siamo all’ultimo prezioso cammeo di quest’antologia “in nero”: Il maestro di scuola. Stavolta siamo alle prese col dramma di Leandro, un uomo di libro e di moschetto che nell’abbracciare con fervida passione l’ideale fascista riesce a farsi un mucchio di nemici. Questi gliela fanno pagare e in un proditorio agguato lo massacrano di botte riducendolo in fin di vita. La sua donna, incinta, per lo spavento perde il bimbo che teneva in grembo e impazzisce. Leandro non ha più la speranza di un amore, di un futuro, la sua vita è rovinata. Riuscirà a ritrovare se stesso solo quando un gruppo di uomini armati, una mattina del maggio 1945, verrà a bussare alla sua porta. Lui sa chi sono e cosa vogliono. Vogliono lui. Prima di soccombere potrebbe ucciderne un paio e trovare finalmente la bella morte per anni tanto vagheggiata e sognata. Ma stavolta Leandro decide di non agire. Il vecchio maestro è stanco. Sa che la sua opera è ormai giunta a termine e il migliore esempio, la migliore testimonianza che può lasciare ai posteri, a questo punto, è donare se stesso.

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