“Don Matteo” dà la sveglia a Bersani

27 Ott 2011 20:13 - di

Avrà pure la faccetta da ragazzo dell’Azione cattolica, ma ha tutta l’aria di fare sul serio per dare la zampata finale alla dirigenza democratica. Nel nome della rivolta degli under 40 contro i brontosauri della politica. «Non si potranno fare le primarie solo con Bersani, Vendola, Di Pietro e basta. Uno o una di noi, cioè ragazzi più giovani, dovrà candidarsi».

Il sindaco guastafeste
Alla vigilia del “Big Bang”, la tre giorni dei rottamatori alla Leopolda di Firenze, il sindaco guastafeste riscalda i motori e rilancia la sfida:  «Se io fossi il segretario del Pd non avrei paura di chi ha idee, ma avrei paura di chi idee non ne ha e continua a vivere di rendita sulle idee degli altri». Neanche lui ha gradito l’istantanea scattata sul palco di Vasto con quell’abbraccio ostentato tra il segretario, il leader di Sinistra e libertà e il Tonino nazionale. «Per me quello schema non basta…». Serve uno scossone, a costo di rimettere mano allo Statuto che non consente altri candidati premier oltre al segretario del partito. «Di primarie non c’è bisogno di parlarne, vanno fatte perché se non ci sono le primarie non c’è il Pd. Se si fanno anche per scegliere il segretario di circoscrizione, è evidente che si dovranno fare per scegliere il candidato alla presidenza del Consiglio». L’alternativa alla segreteria, però, non uscirà dalla kermesse fiorentina – giura con un sorrisetto a mezza bocca –  «dalla Leopolda arriverà una camionata di idee.

Quei sondaggi di Ballarò
Spero che i nostri dirigenti siano capaci di accoglierle, e non di ritirarsi impauriti». E intanto si fa i primi conti e si gode l’effetto dell’ultimo sondaggio di Ballarò sul gradimento dei leader: Bersani al 42 per cento, Renzi che vola al 38, ma il sindaco può ancora crescere. A sfidare l’establishment  bersaniano, ormai vittima della sindrome del bunker, sono in parecchi. Già dieci parlamentari si sono apertamente schierati con il “coraggioso” Renzi  mentre l’ex amico Giuseppe Civati insieme a Deborah Serracchiani vola verso altri lidi anticipati dalla convention bolognese della settimana scorsa. «Guardiamo con simpatia alla Leopolda di Renzi, è utile a raggiungere un elettorato più ampio e che ci chiede pressantemente un cambio di passo politico, anche in direzione di una maggiore centralità delle nuove generazioni», scrivono nella lettera-appello Andrea Marcucci e altri nove fra deputati e senatori provenienti dall’area «modem» vicina a Paolo Gentiloni (Ermete Realacci, Roberto Della Seta, Luigi Bobba, Pietro Ichino, Maria Paola Merloni, Francesco Ferrante, Luigi Lusi, Roberto Giachetti e Giuseppina Servodio.) Scalpitano contro i molti dirigenti critici nei confronti del Big Bang che «danneggino il partito, dandone un’immagine distorta di un gruppo chiuso al suo interno».
Intanto Nicola Zingaretti, che non ci sarà, prepara le sue mosse dopo aver preso un lungo caffé con il sindaco di Firenze solo pochi giorni fa. Sceglie il Foglio di Giuliano Ferrara il presidente della Provincia di Roma per il suo manifesto programmatico: dieci proposte per cambiare l’Italia, si va dall’elezione diretta del presidente della Ue, alla cittadinanza a tutti i nuovi italiani, a nuove regole fiscali e flessibilità per il lavoro. Poi l’affondo indiretto al leader dei rottamatori: «Io sostengo Bersani e lo sosterrò alle primarie, il problema della leadership all’interno del Partito democratico per me non esiste».

Roba da veltroniani
Allora perché tanto attivismo? Zingaretti vuole “solo” contribuire «con idee e proposte al rafforzamento dell’identità del partito, quindi tutto l’opposto di correnti precostituite». Parole che Renzi, noblesse oblige, definisce «interessanti, come si direbbe in politichese, per larghi tratti condivisibile». Per Civati, invece, «l’iniziativa di Matteo» è troppo veltroniana. «Dice che si vuole candidare ma non si candida, che vuole farlo con il Pd ma non nel Pd, che vuole parlare di politica ma non di primarie». Compagni di strada fino a pochi mesi fa, ora hanno scelto strade diverse e si tengono d’occhio a distanza. «Io e Renzi non saremo i D’Alema e i Veltroni del futuro», ha detto da Bologna.

L’ira di Civati
Ma se ci sono primarie aperte – continua il consigliere regionale lombardo – a quel punto si candidano tutti, da Bersani alla Bindi e in quel caso ci candidiamo anche noi. La Serracchiani ci mette il carico: «Tutto quello che unisce è positivo, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è aiutare il centrodestra a fare la conta dei rivoliin cui si disperde il Partito democratico». Dopo Emma Marcegaglia, Luca di Monrezemolo, Alessandro Profumo non si contano i candidati alla premiership del centrosinistra per disarcionare il Cavaliere. Avanti un altro… I colonnelli di Bersani masticano amaro, preoccupati lo tsunami che potrebbe abbattersi su un partito già col fiato corto, Stefano Fassina torna ad attaccare chi «rimpacchetta come nuove ricette fallite» mentre Giorgio Merlo si domanda perché «nel Pd, e solo nel Pd, c’è una contrapposizione violenta e quasi feroce attorno al tema di chi farà il candidato a premier. Il segretario, invece, ostenta indifferenza: sarà a Napoli con il partito ufficiale per rubare i riflettori al sindaco “under quaranta” che si è montato la testa. Una trasferta napoletana che fa molto arrabbiare il rottamatore Davide Faraone, «non ammetto che il Pd organizzi contestualmente un altro evento a Napoli a spese del Pd. Stanotte ho dormito in una camera minuscola per permettere a tanti giovani di venire a Firenze spendendo poco..».

Giovani e non solo
Giovani e non solo. Dal palco minimal della Leopolda (la scenografia prevede tavolo, sedie e un frigorifero) si alterneranno vecchi e nuovi arnesi della politica. Solo cinque minuti per dire che cosa farebbero se fossero presidenti del Consiglio. Ci saranno Giulio Santagata, storico braccio destro di Romano Prodi, Arturo Parisi («sarò l’unico brontosauro ammesso»), Antonio Laforgia. Naturalmente l’entourage del Professore di Bologna nega qualsiasi interessamento per le “beghe” interne al Pd. Quello che scrivono «è tutto falso», smentisce per l’ennesima volta la portavoce Sandra Zampa.

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