Libia, il successo della strategia militare italiana

16 Set 2011 20:11 - di

Tempo di bilanci ora che la guerra in Libia volge al termine. E mentre Cameron e Sarkozy sono volati a Tripoli a raccogliere onori e gloria per il sostegno dato ai ribelli, anche l’Italia può vantare un innegabile successo diplomatico-militare, che vede ovviamente come principale artefice, per il suo ruolo istituzionale, il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Sono di pochi giorni fa le rivelazioni su di lui pubblicate dal sito di WikiLeaks: «E’ un buon amico degli Usa, un forte difensore dei nostri condivisi interessi sulla sicurezza transatlantica e, una rarità in Europa, un forte sostenitore della missione Nato in Afghanistan», scriveva il numero due dell’ambasciata Usa a Roma, Elizabeth Dibble, al segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, in un cablogramma del 5 ottobre 2009. Il rapporto fu stilato dalla Dibble in vista dell’incontro che Gates ebbe a Washington con La Russa pochi giorni dopo, il 13 ottobre. Un incontro giudicato come “cruciale” dalla Dibble in quanto l’Italia “sta valutando tagli ai finanziamenti per le missioni all’estero”. Nel cablo il ministro della Difesa italiano era descritto come «un accorto stratega politico il cui aspetto e le cui maniere talvolta rudi nascondono un intelletto acuto con una sottile capacità di afferrare i dettagli». La Russa – continuava il cablo – «a differenza di suoi molti colleghi di governo, è stato un rumoroso sostenitore di un forte sistema difensivo e di robuste operazioni all’estero, sin da quando il governo Berlusconi è giunto al potere nel maggio 2008. Sebbene non appartenga allo stretto circolo di Berlusconi, egli è un importante politico alla sua destra, la seconda figura più potente del partito di Alleanza Nazionale che recentemente si è incorporato nel Popolo della Liberta (PdL). Sebbene sia spesso accusato di essere più attento ai partiti politici che alle leadership militari, La Russa è uno strenuo difensore dell’aumento delle spese militari e di maggiori protezioni per le truppe italiane impegnate sul campo, ed è popolare tra le forze armate. Grazie in buona parte alla sua ferma difesa pubblica, la missione Isaf rimane una priorità italiana di massimo livello».
 In un altro cablo del 22 gennaio 2010, redatto dall’ambasciatore Usa a Roma, David Thorne, e indirizzato a Gates in preparazione di una visita di quest’ultimo in Italia, La Russa e il ministro degli Esteri, Franco Frattini, erano descritti come i “campioni” dei rapporti italo-americani. «Sia sull’Afghanistan sia sul Libano che sul caso Abu Omar, e ora sull’assistenza a Haiti, La Russa, con il supporto attivo di Frattini, è stato il nostro campione nei rapporti con l’Italia, sponsorizzando le nostre posizioni con alte percentuali di successo». Il rapporto concudeva così: «Signor segretario, il team La Russa-Frattini si è occupato per noi di molte questioni chiave: ci hanno sostenuto in Kosovo, sono stati d’accordo a mantenere un consistente livello di truppe in ambito Unifil durante la transizione verso il comando spagnolo e hanno assunto un coraggioso impegno riguardo alla nuova fase di operazioni in Afghanistan. Sono una squadra che lavora, è istintivamente pro-americana, ed è molto sensibile al modo in cui l’Italia è percepita dal governo Usa».
Anche la guerra in Libia ha posto in risalto l’efficienza diplomatico-militare italiana: sono stati sette mesi che hanno visto La Russa in prima linea nell’indirizzare la politica del nostro governo nei confronti di Tripoli. Scorrendo la rapida cronologia degli eventi risale al 21 febbraio l’innalzamento del livello di allerta massimo per le forze aeree italiane (livello che prevede il decollo immediato per neutralizzare eventuali minacce aeree)  presso le basi di Trapani e Gioia del Colle (Bari). Nei giorni successivi salpano la nave San Giorgio, la corvetta Fenice, il pattugliatore d’altura Comandante Bettica, i cacciatorpedinieri Francesco Mimbelli e Andrea Doria, la nave rifornitrice Vesuvio, il pattugliatore Libra. Il 18 marzo, nell’ambito dell’operazione “Odyssey Dawn”, l’Italia mette a disposizione della coalizione quattro Tornado Ecr, quattro caccia F16 con compiti di scorta e due velivoli Tornado Ids “Tanker” per il rifornimento in volo. Il 20 marzo scatta la nostra prima missione con il decollo di sei velivoli Tornado dall’aeroporto di Trapani Birgi per condurre azioni di accecamento o soppressione delle difese aeree radar libiche. L’Aeronautica militare spiega che la missione ha come obiettivo quello di rendere inefficaci le installazioni di difesa aerea nemica e che tale obiettivo può essere conseguito anche senza l’utilizzo di armamenti, in quanto i sistemi radar presenti sul territorio ostile vengono appositamente spenti per non essere localizzati e poi colpiti. Da questo momento si susseguono le missioni aeree in territorio libico. Il 27 marzo l’Italia trasferisce alla Nato il controllo operativo di quattro velivoli a decollo verticale della Marina militare Av8 Bravo plus (rischierati a bordo della nave Garibaldi) e di quattro caccia dell’Aeronautica militare Eurofighter. Il 31 marzo gli assetti militari italiani passano sotto il controllo Nato nell’ambito dell’operazione “Unified Protector”, così pure le sette basi aeree. Si susseguono a ritmo incessante le missioni degli aerei messi a disposizione dell’Italia. In applicazione dell’intesa italo-tunisina relativa all’emergenza immigrazione, la Marina militare avvia le operazioni di sorveglianza e monitorizzazione in prossimità delle acque territoriali tunisine. Dal 6 al 12 agosto vengono effettuate 34 missioni con l’impiego, fra i vari mezzi, di un velivolo a pilotaggio remoto Predator B: la sua è la prima missione operativa sulla Libia. Nella settimana dal 3 al 9 settembre vengono effettuate 31 missioni aeree con Tornado, F16 Falcon, Amx, aerorifornitori Kc130J e Kc767A e Predator B, mentre l’impiego della Marina militare è assicurato dalle navi San Giusto e Bersagliere.

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