Troppi delitti a Roma? Non proprio…

8 Lug 2011 20:51 - di

Massimiliano Griner
Se gli ammazzamenti di queste ultime settimane a Roma fossero avvenuti a Torino o a Alessandria, non avremmo parlato di ondata criminale, né urlato al ritorno della Banda della Magliana. Ne è assolutamente convinto lo scrittore Massimo Lugli, finalista al Premio Strega, che per inciso è cronista di nera per la redazione romana di Repubblica e che si occupa di fattacci che avvengono nella capitale da trentasei anni. Un vero esperto, insomma. «E’ vero, soltanto negli ultimi quindici giorni abbiamo contato svariati omicidi – ci dice Lugli – ma trovane due che siano collegati tra loro, se ci riesci».
Sono trenta in media gli omicidi che si consumano in un anno a Roma, e la tendenza è a diminuire. Ogni delitto ha qualcosa di scandaloso, ma in una città di tre milioni di abitanti è una media che non dovrebbe farci impensierire. Lugli alle statistiche ci tiene, e cita uno studio del ministero dell’Interno inglese: «Se elenchiamo le grandi città del mondo per numero di omicidi in rapporto alla popolazione, Roma è addirittura la terz’ultima. Per una volta essere agli ultimi posti è vantaggioso, ma siamo talmente affezionati all’idea di farci male da soli, che non vogliamo accorgercene».
La capofila delle città dove si ammazza di più è Mosca, e questo non stupisce, mentre il secondo posto se l’aggiudica la nordica Helsinki, che secondo i nostri pregiudizi sulla Scandinavia felix non dovrebbe nemmeno essere in lista. «L’ottanta per cento degli omicidi sono storie del tipo “lui che ammazza lei e poi chiama i carabinieri per farsi arrestare”, oppure risse tra immigrati che finiscono malauguratamente con il morto». E l’ultimo omicidio, quello di Flavio Simmi, ucciso in pieno giorno a Prati? Difficile classificarlo come delitto passionale, e qui gli stranieri non c’entrano. Certo, ma anche in questo caso – dice Lugli – l’apparente professionalità dei killer non deve farci perdere di vista il contesto. Il movente dell’omicidio, con buona pace della Procura antimafia, potrebbe trovarsi dietro un’accusa di stupro nei confronti di Simmi che i giudici hanno archiviato. Ma solo i giudici, perché qualcuno non se n’è dimenticato.
Dunque gli ammazzamenti a cui assistiamo non sono i segnali che qualcosa di simile alla Banda della Magliana sta tornando sulla scena? Lugli pensa che sia un’ipotesi senza fondamento: «Non ci sono le condizioni storiche, punto. Come nasce la Banda della Magliana? Quando un pugno di criminali si aggrega intorno all’idea di controllare tutta la capitale, e centralizzare il mercato della droga. Questa era la semplice filosofia della Banda della Magliana. Adesso la cocaina si trova dappertutto, il mercato è aperto e c’è posto per tutti».
Se non sta accadendo nulla di cui dovremmo preoccuparci, perché si è sollevato questo polverone? Perché Roma è la capitale, perché quello che succede qui ha subito una grande eco, risponde Lugli. E anche perché c’è tutto un vantaggio politico ad accusare il sindaco Alemanno di non mantenere la sicurezza in città, anche se è un’accusa senza fondamento.
 E poi ci sono cose molto più preoccupanti di questi omicidi: «Quello che accade tra i giovani, pensa alla rissa di Monti di qualche giorno fa. L’alcool che circola a fiumi, l’abitudine dei ragazzi di andare in giro con il coltello in tasca, perché così fanno i rumeni e i nostri non vogliono sentirsi da meno». E questo è ancora niente. A preoccuparci dovrebbero essere i pezzi grossi della mala romana, i Nicoletti, i Casamonica. Quelli che organizzano le truffe “carosello”. Sarebbero? «Apri una serie di società a matrioska, una dentro l’altra come scatole cinesi, che poi capire a chi appartengono è difficilissimo. Poi importi, che so, auto di lusso, evadendo l’Iva o addirittura facendotela rimborsare. Sono affari di centinaia di milioni di euro a danno dell’erario, e senza che venga sparato un colpo. Oppure pensa ai grandi usurai. O al mago dei Parioli».
Nicoletti però è stato appena arrestato, e pure il Madoff de’ noartri, precisiamo. «Certo, e presto verranno rilasciati. Prendi Nicoletti. Con le condanne che ha sulle spalle, dovrebbe fare tre vite in galera. E invece è l’esempio conclamato dell’inefficacia del nostro sistema penale». Che non beneficia solo lui, specifica Lugli. Ne beneficiano tutti, anche i tossici che fanno rapine a raffica in tabaccheria con un taglierino. Anche per loro le pene sono talmente irrisorie che sono solo incoraggiati a proseguire. «Io non sono un forcaiolo, ma mi ricordo negli anni Settanta le urla che arrivavano dalle camere della questura quando pizzicavano delinquenti di grosso calibro, per non parlare dei pm di allora, che ti tenevano dentro sette mesi».
Altri tempi. «Puoi dirlo. Oggi è tutto diverso, e manca anche la memoria storica. Un giorno mi capita di leggere un’agenzia, appena fuori Roma hanno arrestato Matteo Bellicini per una storia di cocaina. La danno come una notiziola tra le tante. Salto sulla sedia. Bellicini era uno della banda dei 3B, insieme a Berenguer e Bergamelli, il gotha della criminalità di quegli anni, gente che avvisava la polizia prima di andare a fare una rapina in banca, e che i colpi li facevano con il mitra e le bombe a mano, mica coi taglierini. Beh, ci credi, il tenentino che ha arrestato Bellicini, quando gli ho detto chi aveva preso, ha fatto lui il salto sulla sedia leggendo la lista dei precedenti lunga così».
Dunque dobbiamo stare tranquilli, Roma non tornerà il far west degli anni Settanta. «Lo escludo, anche perché abbiamo sviluppato gli anticorpi. Quello che adesso mi preoccupa come cronista è che siamo gli ultimi a venire a conoscenza di quello che accade. Prendi lo stupro al parco della Caffarella. Siamo venuti a saperlo due mesi dopo. Quando ho cominciato io, avevo un rapporto diretto con carabinieri e polizia. Dopo la durissima direttiva di Napolitano quando stava all’Interno, fanno tutto con il loro Ufficio stampa, e ci informano con sms e email. Direttive che vengono dall’alto, per smussare, minimizzare. E questo sì che dovrebbe preoccuparci. La Banda della Magliana non esiste, ma come cittadini abbiamo il diritto di essere informati sempre e comunque».

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