La sinistra con il vizietto (del governo tecnico)

18 Lug 2011 20:34 - di

Quando il gioco si fa duro, i tecnici cominciano a giocare. Potrebbe essere questo lo slogan della democrazia italiana, quella in cui si chiede alla politica di abdicare non appena vi sia una situazione di emergenza. L’attacco speculativo che ha investito il nostro Paese negli ultimi giorni ha quindi trovato terreno fertile in una sinistra col vizietto tecnocratico. Monti, Pisanu, Montezemolo (e peccato che Draghi sia impegnato altrove): i nomi contano poco, l’importante è mandare a casa Silvio e affidarsi a qualche alchimia balneare.

Ma quando c’era Prodi…
Le ragioni invocate per il cambio dell’esecutivo sono del resto risibili. Tranquillizzare i mercati? Sarebbe la prima volta che questo accade per mezzo di una crisi di governo (il tutto ammesso e non concesso che sia la politica a dover essere al servizio dei mercati e non viceversa). Fare le riforme? Ma le riforme sono un fatto politico, non tecnico. Si può, ovviamente, cercare di studiarle in modo condoviso, ma non è certo roba da ragionieri prestati alla politica. C’è poi il motivo più surreale di tutti: bisogna cambiare governo perché, dicono, Berlusconi non ha più la maggioranza. Il che è chiaramente falso, numeri alla mano. Qui, però, entra in gioco il salvataggio in corner: la maggioranza, il Cavaliere, «non l’ha nel Paese. Non l’ha nel rapporto con l’opinione pubblica, con i soggetti imprenditoriali e sociali, nelle relazioni internazionali». Parola di Walter Veltroni, che domenica è tornato a chiedere a Silvio di sloggiare dalle colonne del Corriere della sera. Logica bizzarra: che le facciamo a fare le elezioni se poi non sono i meccanismi elettivi, la democrazia reale, a determinare la legittimità di un governo, quanto piuttosto la democrazia immaginaria, quella che fa riferimento a entità nebulose come l’opinione pubblica? E ancora: perché lo spettro del governo tecnico o del “governissimo” deve incombere oggi su Berlusconi quando nessuno ne agitava lo spauracchio contro un Prodi appeso ai voti dei senatori a vita?

Silvio & Giorgio
Intanto ieri, in mattinata, Berlusconi è stato ricevuto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Diversi per temperamento, idee, storia e visioni future, i due sembrano tuttavia, in questo momento, essere uniti almeno da un punto in comune: il governo tecnico non è la soluzione. Il Capo dello Stato non perde occasione per lanciare appelli all’unità e alla condivisione, suscitando in tal modo le tirate per la giacca dell’opposizione, che vorrebbe far fare al Presidente un passo in più. Niente da fare, per il Quirinale il Parlamento è sovrano. Clima di unità di fronte alla crisi, sì. Spallata al governo, no. È del resto bizzarro come la sinistra, così ligia al dettato costituzionale e moralisticamente ostile a ogni “strappo” ai ruoli fissati dalla Carta, si ritrovi poi a reclamare un ruolo più “attivo” per il Colle, che dovrebbe – a sentir loro – scendere nell’agone politico e staccare arbitrariamente la spina all’esecutivo. Ma, per il momento, tale speranza è destinata a restare delusa. Sull’incontro di ieri – alla presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta – nessuno dei presenti si è sbilanciato. È tuttavia ovvio che si sia parlato della situazione economica del Paese, dopo l’approvazione sprint della manovra, ed in vista del vertice europeo straordinario in programma per giovedì a Bruxelles. Un faccia a faccia per fare il punto sulla crisi economica, ma anche per affrontare dossier aperti come ad esempio la sostituzione del ministro della Giustizia Angelino Alfano, pronto a lasciare via Arenula dopo la nomina a segretario del Pdl (e dalle indiscrezioni sembra che ci sia ancora da attendere prima di avere un nuovo Guardasigilli).

I distinguo di Casini
Ostile alll’esecutivo tecnico (ma non a un altrettanto ambiguo “governo di responsabilità nazionale”) è anche il segretario dell’Udc Pierferdinando Casini. «Non esiste in Italia – ha detto ieri durante un convegno – l’ipotesi di un governo tecnico: i governi devono essere politici. La politica deve capire che bisogna passare ad una fase nuova, ad un armistizio tra le parti, ad una serenità dei rapporti tra i partiti, a un impegno comune perchè l’Italia ha bisogno di scelte impopolari». Per Casini il governo tecnico «non è una soluzione ma rischia di essere un problema: i governi sono sempre politici e noi chiediamo un governo politico di resposabilità nazionale cioè un armistizio tra i partiti che sono in campo. Un utilizzo di tecnici importanti e significativi, un lavoro comune per scelte impopolari che l’Italia necessariamente – ha proseguito – deve affrontare nei prossimi anni. Questa è la chiave della nostra proposta: purtroppo è da tempo che, inascoltato, dico che il Paese non può andare avanti tra litigi permanenti, tra la paura delle prossime elezioni e dell’eventuale perdita di voti. È necessario che per qualche anno non ci poniamo il problema di chi perde e di chi guadagna voti ma facciamo le scelte necessarie all’Italia per superare la crisi». Quanto al premier, il leader dell’Udc spiega che «Berlusconi deve decidere lui se ritiene che in questo momento il suo governo faccia l’interesse del Paese e se la sua parte politica sia autosufficiente senza bisogno degli altri. In questo caso vada avanti».

Il muro della maggioranza
Contrari senza “se” e senza “ma” a ogni ipotesi di sovvertimento della volontà degli elettori sono invece i membri della maggioranza. «La richiesta di dimissioni di Berlusconi e del suo governo da parte del Pd è divenuta maniacale oltre che inutile», dichiara il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli. «Seguendo la logica del Pd, di fronte alla crisi di tutte le borse mondiali, a dimettersi – aggiunge – dovrebbero essere allora tutti i leader, da Obama fino a tutti i capi di governo dei Paesi dell’Unione europea. Un sussulto di responsabilità anche nelle dichiarazioni da parte di tutti non guasterebbe». Anche il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto «c’è una situazione di turbolenza generalizzata in tutta Europa che coinvolge perfino la Germania e che fuori dall’Europa riguarda anche gli Usa. L’Italia, quindi, si trova in questo contesto. Allora l’attacco politico della sinistra è del tutto irresponsabile e strumentale in una situazione delicata». Il ministro per l’Attuazione del Programma Gianfranco Rotondi, replica invece a Casini: «Berlusconi medita e decide, ma non tradisce chi l’ha votato. Completerà il mandato e la prossima legislatura è un’altra storia», dichiara. Ieri, infine, intervistato da Repubblica, il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi ha detto chiaro e tondo: «No a qualsiasi ipotesi di governo tecnico, mi sembrerebbe un commissariamento dell’Italia. Già è accaduto nel ‘93, quando il Parlamento non volle ascoltare l’appello di Craxi a difesa del primato della politica. Con il senno di poi, mi sento di dire che non fu un bene».

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