Donne “contro”: un film vecchio e molto dannoso

12 Lug 2011 20:53 - di

“Se non ora, quando”, ha pensato il sindaco di Bologna, Virginio Merola: ora o mai più, s’è auto-risposto appena ha letto le cronache sulla manifestazione delle donne antiberlusconiane svoltasi due giorni prima a Siena. Poi s’è lanciato a pesce rosso sull’onda rosa. «Il Comune di Bologna sarebbe lieto di ospitare il prossimo appuntamento nazionale delle donne, la città ne ha sia la capacità logistica sia la vocazione». Peccato che sabato scorso quell’onda rosa avesse rispedito al largo proprio la classe politica, fischiando in modo rigorosamente bipartisan le parlamentari donna presentatasi sul palco con le migliori intenzioni per dare “sostanza” alla manifestazione. Sostanza che, evidentemente, a giudizio delle partecipanti alla manifestazione “Se non ora, quando?”, era dall’altra parte del palco, sotto, non sopra.

C’è odore di vecchio
Susanna Camusso, leader della Cgil, è stata l’unica a cui le duemila donne non hanno rimproverato il tentativo di mettere cappello su un movimento che dei partiti non vuol neanche sentir parlare. Al punto che a Siena perfino la recentissima legge sulle quote rosa – rigorosamente bipartisan – è stata dimenticata, silenziata, nascosta, provocando la reazione irritata delle firmatarie. Le neofemministe non vogliono sponde, nè maschili, né partitiche: aspirano solo alla trincea, allo steccato, alla definizione di un mondo a parte dal quale combattere, oltre al solito Berlusconi, tutto ciò che non riconosca la loro diversità. “Tremate, tremate, le streghe son tornate!”, era uno degli slogan della manifestazione di qualche giorno fa a Siena. Roba che non si sentiva dagli anni Settanta, all’epoca del famoso “col dito, col dito, orgasmo garantito!”. Stavolta, però, chi si aspettava una reazione maschilista altrettanto vintage, del tipo “col mazzo, col mazzo, è tutto un altro andazzo!”, è rimasto deluso. Gli uomini, stavolta, osservano perplessi questo movimentismo neofemminista e stentano a comprenderne le ragioni, visto che mai come in questa fase storica le donne stanno scalando posizioni fino a raggiungere i vertici in tutti i settori, politici, industriali, sindacali, giornalistici. Ma le perplessità nascono anche dal fatto che mai come in questa fase storica rialzare barricate di genere non può che ghettizzare, stavolta davvero, un pianeta femminile che di conquiste civili e individuali ne ha ancora tantissime da fare, dalle leggi sulla maternità a quelle sulla tutela dalla violenza, ma che certo non ha il problema di sfidare e battere gli uomini in un Paese che di opportunità ne offre a tutti. E che, semmai, ha un problema di meritocrazia, che non risparmia certamente gli uomini. Va detto però che anche la stragrande maggioranza delle donne sembra guardare con diffidenza a questo fenomeno quasi reazionario, di autoghettizzazione, che arriva da chi vuole mischiare, in piazza, frustrazioni personali legittime con quelle, più opinabili, che nascono invece dal sottobosco dell’antipolitica.

Donne contro donne

Ma quei fischi alle parlamentari e quel silenzio sulla legge, non sono frutto del caso. Il movimento “Se non ora, quando?”, nasce sull’onda dell’indignazione per gli scandali berlusconiani su mignotte e veline di Arcore. Un’indignazione “di genere”, dunque, sessista, lobbista, ombelicale, quasi a dimostrare che il pianeta donna sia una riserva nella quale gli uomini non hanno diritto a transitare se si toccano temi legati alla dignità femminile. Sul sesso, come sul lavoro, il neofemminismo italiano “movimentista” vuole alzare recinti, segnare il percorso autonomo dalla politica dei Palazzo, ma soprattutto dal genere maschile: vuole far assurgere a politica con la P maiuscola battaglie che nascono da una contrapposizione con la politica con la p minuscola, quella, nel caso specifico, che attiene ai rapporti non più idilliaci di Berlusconi con la popolazione femminile italiana. È l’anti-politica in salsa uterina quella che nasce a Siena e cerca una sua strada, anche a costo di danneggiare la categoria umana di riferimento: quel genere femminile che nella stragrande maggioranza dei casi in Italia non si sente rappresentata da manifestazioni di piazza di gruppi più o meno numersi, nello stesso modo in cui le donne “senesi” non si sentivano rappresentate politicamente dalle tre parlamentari donne che le arringavano dal palco. Manca la legittimazione e anche la rappresentanza reale a questo movimento neofemminista nato a Siena e già corteggiatissimo dalla politica, così come forse mancava alla lobby femminile che in Parlamento ha portato avanti la con successo la discutibile battaglia sulle quote rosa. Quella battaglia che introduce criteri di rappresentanza blindati nelle aziende sulla sola base del sesso di appartenenza, mortifica le legittime aspirazioni delle donne costrette a guadagnarsi i galloni non sul campo ma sulla Gazzetta Ufficiale. Nominate, solo per il fatto di essere donne, come erano unite, abbracciate, urlanti, l’altro giorno in piazza, le manifestanti accorse a Siena solo per il fatto di essere donne. Come le cameriere di New York che si unirono nella protesta contro il violentatore Strauss Khan (poi scagionato) solo per il fatto di essere cameriere. 

C’è chi dice no
Come ha scritto il giornalista blogger Matteo Bordone: «Ogni volta che oggi una donna dice di essere indignata in quanto donna pone concretamente le condizioni per perpetuare idee sessiste nella mentalità di questo paese». Andando un po’ a zonzo sul web, si scoprono molte cose interessanti sull’altra faccia del pianeta femminile, quello che a Siena non c’è andato e mai ci andrà: «Le quote rosa, si dice: tu non sei capace di farti largo da sola e quindi noi, regalmente, ti concediamo uno spazio tutto per te, una specie di “kindergarten”. Thatcher e Merkel non mi risulta siano arrivate ai vertici delle loro nazioni in base ad una riserva Wwf», scrive Monsoreau, una per tutte. Non è un caso che proprio il cancelliere tedesco Angela Merkel, nel fabbraio scorso, abbia respinto la proposta di introdurre le quote rosa nelle aziende pubbliche. E se anche la moderna Svezia da un anno s’interroga sulle nefaste conseguenze di quella legge, forse un motivo ci sarà.

Commenti