Il Corno d’Africa ha bisogno dell’Italia (e dell’Europa)

7 Giu 2011 20:01 - di

La regione del Corno d’Africa, specialmente nella sua dimensione allargata, sta tornando a rivestire una rilevanza sempre maggiore per la sicurezza internazionale, non solo dell’Africa Orientale, ma di una vasta e strategica regione che si estende dal Mediterraneo all’oceano Indiano, di cui il Mar Rosso ed il Golfo di Aden rappresentano il baricentro. Per indicare l’importanza di quest’area geopolitica basti pensare al fatto che sono ben 20.000 i mercantili che attraversano ogni anno il Gofo di Aden, il 25% dei quali è italiano. Questa regione è da sempre un punto di incontro, ma anche di potenziali conflitti, tra il mondo arabo-musulmano e quello africano. Tra di essi si inserisce anche la residua presenza europea, tuttora significativa non solo per le eredità di stampo coloniale ma anche per i legami che sono sopravvissuti alla decolonizzazione. In questa regione gli effetti della globalizzazione dell’ultimo ventennio non sono stati bilanciati dall’effetto regolatore di statualità efficace ed hanno per lo più accentuato le divisioni ed i conflitti, inserendoli direttamente e senza intermediazione in un sistema internazionale anch’esso privo di contrappesi. Fatta eccezione per l’Etiopia – che nello scorso decennio ha registrato una crescita economica superiore al 10% ed è divenuto un riferimento di stabilità politica per l’Occidente e gli Stati Uniti – molti dei Paesi della regione sono in una stagione di grandi travagli geopolitici e sociali.
La Somalia, unico Stato del mondo che sopravvive da 18 anni senza un governo effettivo ed oramai distrutta da una guerra civile i cui beneficiari finali sono stati i movimenti jihadisti, rappresenta sicuramente il cuore del problema dell’area ma anche una potenziale fonte di destabilizzazione per i Paesi vicini. L’Eritrea, all’opposto, è retta da un governo autoritario che assume connotati sempre più repressivi e dirigisti che hanno causato la caduta dell’economia ed esodi sempre più massicci della popolazione, anche per sfuggire alla draconiana coscrizione militare dovuta all’irrisolto conflitto con l’Etiopia. Lo Yemen, tradizionalmente legato alle vicende somale, sta entrando in una pericolosa guerra civile a causa della rivolta popolare contro il presidente. Una rivolta che non ha molto il sapore della democrazia che avanza quanto piuttosto quello dello scontro tra clan e tribù, un conflitto in cui potrebbero inserirsi anche i gruppi qaedisti attivi nel Paese. Il Sudan è alle prese con una delicata fase di transizione dai conflitti nel Darfur e con il Sud ed il 9 luglio vedrà formalizzarsi la creazione dello Stato indipendente del Sud Sudan, primo nuovo Stato africano nato dall’epoca della decolonizzazione, la cui sostenibilità economica e politica è ancora da dimostrare. In questo scenario, in cui l’Etiopia ricopre un ruolo chiave per via dell’indebolimento di Egitto e Yemen e del collasso della Somalia, vi è una grande e crescente domanda d’Italia che con Addis Adeba ha mantenuto salde relazioni ed un rapporto di grande cooperazione, ma che vanta importanti entrature con tutti i Paesi della regione.
Il Corno d’Africa è un mondo che resta legato a noi, non tanto per l’eredità coloniale, quanto piuttosto per la capacità del nostro Paese di sapere capire ed agire in un contesto geopolitico, in cui tendono a prevalere le semplificazioni di un Occidente ideologico, le logiche tribali, le divisioni pseudo-religiose, le logiche assistenzialiste di un modo superato di intendere la cooperazione o quelle dell’emergenza permanente tipiche di alcune organizzazioni internazionali. C’è però bisogno di accendere nel nostro Paese un modo nuovo e differente di guardare all’Africa, fuori dagli stereotipi pericolosi dell’era coloniale ma anche di quelli – forse ugualmente critici – del periodo post-coloniale. La crescente presenza politica ed energetica della Cina ed il successo della sua penetrazione nel Corno d’Africa, e nel continente in generale, rappresentano per l’Occidente, da questo punto di vista, un campanello d’allarme.    
Siamo ad un momento cruciale nella storia di questa parte d’Africa in cui l’Italia è chiamata a riscoprire quel ruolo nazionale che abbiamo avuto fino alla fine della guerra fredda e che ora va trasformato in un ruolo guida di un intervento europeo. Un’Europa che purtroppo perde forza ed efficacia già nel mar Mediterraneo e la cui azione nel Corno d’Africa deve sicuramente crescere parallelamente all’aumentare delle sfide che questa regione ci pone. Sfide che, dal terrorismo alla pirateria, al traffico di esseri umani, possono nascere – e divenire endemiche – in questa regione ma i cui effetti devono essere inseriti a pieno titolo nella politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea.

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