Urne flop, ma il governo tiene: l’asse è ancora saldo

30 Mag 2011 20:42 - di

È andata come peggio non poteva, per il centrodestra. Perdere Milano e Napoli poteva essere messo in conto, incassare un distacco enorme tra Pisapia e Moratti e addirittura abissale tra De Magistris e Lettieri è stato uno choc: se poi alle due città principali si aggiungono le vittorie del centrosinistra a Trieste, strappata al centrodestra, così come a Cagliari, senza dimenticare Novara, la roccaforte leghista, si ha il quadro esatto di un secondo turno che per le forze di governo va archiviato come una vera e propria debàcle. Magra consolazione sono, sul piano nazionale, le vittorie di Pdl e Lega a Varese e Rovigo e alla provincia di Reggio Calabraria, oltre ad altre realtà locali minori. Da oggi si ricomincerà a discutere di governo, con l’opposizione che chiede la testa di Berlusconi e il centrodestra che fa quadrato intorno a lui: autocritica sì, ma l’esecutivo non si tocca, hanno fatto sapere ieri i leghisti e i vertici del Pdl, partito nel quale la riflessione iniziata nei giorni scorsi si fa sempre più stringente, alla luce della tornata negativa dei ballottaggi.

Le cifre impietose
A Milano non c’è stata partita, lo si è capito dall’inizio dello spoglio. La marcia di Giuliano Pisapia, cominciata nel primo turno, è proseguita anche ai ballottaggi, dove l’esponente del centrosinistra ha vinto con il 55,11% dei voti mentre Letizia Moratti si è fermata al 44,89%. Ma è a Napoli che la forchetta s’è allargata in modo davvero clamoroso: Luigi de Magistris ha trionfato con il 65,37% contro il 34,62% di Gianni Lettieri. A Cagliari Massimo Zedda è riuscito a strappare la città al centrodestra battendo Massimo Fantola con il 58,2% contro il 41,7%. Idem a Trieste, dove Roberto Cosolini, del Pd, ha battuto Roberto Antonione, del Pdl, con un distacco di oltre quindici punti. Brucia, a Novara, roccaforte del leghista Roberto Cota, governatore del Piemonte, la vittoria del centrosinistra mentre ad Arcore, nel regno di Berlusconi, una donna, Rosalba Colombo, mette a segno lo smacco politico ai danni del premier.

L’astensionismo inguaia il Pdl
Milano ha costituito un’eccezione: tanto nella giornata di domenica che in quella di ieri i milanesi sono andati in massa a votare, praticamente la stessa percentuale di 15 giorni fa: erano stati il 67,56% il 15 e il 16 maggio, stavolta sono stati il 67.24%. Ma, a parte Milano, in tutte le altre città il calo di votanti è stato forte, e si è attestato intorno agli 8 punti percentuali. Diserzione che sulla base dei risultati sembra aver penalizzato soprattutto i candidati del centrodestra.

Riflessioni e dimissioni
«È stata una sberla, serve una riflessione», è il primo commento autorevole che arriva dal Carroccio, a firma Roberto Maroni. Il ministro dell’Interno conferma che il governo deve andare avanti, ma chiede «un colpo d’ala, anzi, un colpo di frusta alla sua azione». Berlusconi, ieri impegnato in visita ufficiale in Romania, parla solo in serata. «Abbiamo perso, è evidente e non c’è altra strada se non tenere i nervi saldi e andare avanti; la maggioranza è coesa e determinata nel fare le riforme a cominciare dal fisco, dalla giustizia e dal piano per il Sud», dice  il presidente del Consiglio, che aggiunge: «Ogni volta che vengo sconfitto triplico le forze, sono un combattente», spiega ancora, annunciando una telefonata tra lui e Bossi nella quale è stata ribadita la solidità dell’alleanza. Nel Pdl i commenti sono tutti realistici, ma i toni dell’autocritica differenti, a seconda dei casi. Si passa da chi minimizza, a chi chiede profondi cambiamenti nel partito, a chi punta sulle primarie e chi, come il coordinatore Sandro Bondi, annuncia le proprie dimissioni. «Serve una profonda riorganizzazione del Pdl», dice Enrico La Loggia mentre Gaetano Quagliariello ammette la sconfitta e guarda avanti: «Abbiamo bisogno di allargare il centrodestra, visto anche l’allargamento del centrosinistra. Tra noi è il terzo polo c’è un problema: loro vorrebbero farlo sacrificando Berlusconi, noi no». Poi arriva il ministro degli Esteri Franco Frattini, che lancia l’idea di l’idea di creare un “direttorio” con membri scelti dal presidente Berlusconi e ripropone anche le primarie. Ma di questo si inizierà a parlare da domani.

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