«Roma? Per noi islamici oggi è un modello»

25 Mag 2011 20:23 - di

Se a Milano in questo ultimo scorcio di campagna si polemizza sul tema della moschea, a Roma invece si “festeggia” il più importante appuntamento della cultura islamica in Italia. «Sì, la prima edizione della Settimana della cultura islamica sta riscuotendo un successo di pubblico e di qualità», ci spiega Serena Forni che si occupa per il Comune della manifestazione. L’evento (il primo della sua specie) nasce dall’incontro tra Roma Capitale, il Centro islamico di cultura d’Italia e la Grande moschea di Roma. «Il focus di quest’anno è il Mediterraneo: per questo sono stati invitati paesi “tradizionali” come il Marocco ma anche la Tunisia che porta in dote la rivolta generazionale». Accanto a questo, tra la visita del rabbino Di Segni, del vescovo di Marzara, dell’ex ministro degli Interni Giuliano Amato e del padrone di casa Gianni Alemanno, la prima rassegna di cinema islamico e le installazioni e le mostre in giro per la città, l’appuntamento principale sarà domenica quando si parlerà, appunto, di Islam in Italia. Della kermesse romana l’imam Yahyah Pallavicini, vicepresidente del Coreis, è estremamente soddisfatto. Decisamente meno delle annose polemiche sulle moschee.

La Cei ha ribadito il suo sì alla costruzione delle moschee.

Sono ben contento che dalla Cei si sia alzata una voce di sostegno e di solidarietà che ha fatto chiarezza. Ringrazio monsignor Crociata per aver confermato che anche secondo la sensibilità dei cristiani in Italia c’è la piena dignità per la libertà di culto dei musulmani. Purtroppo c’è ancora qualcuno – o candidato o organo di informazione – che crede che i musulmani possano essere associati in qualche modo ai criminali, così come viene fatto con gli zingari. Questo induce a una islamofobia strisciante.

Eppure la posizione della Cei ha creato polemiche.

Parto da un principio che credo sia scontato ma evidentemente non lo è. Il fatto che la libertà di culto è un diritto costituzionale, per cui la religione è un valore aggiunto e non un problema. Ne aggiungo un altro: il fatto che la moschea, grande o piccola che sia come del resto qualsiasi chiesa, purché confecente al’uso e alla gestione che ne caratterizzano l’identità è anche questa un valore aggiunto dal punto di vista urbanistico, culturale e spirituale. Chi critica ciò tradisce questi due principi: che fanno parte della tradizione giuridica e culturale di questo paese.

C’è chi pensa – come Letizia Moratti – che una grande moschea a Milano non sarebbe controllabile. Lei come la vede?

Guardi, questa è la posizione della Coreis e credo anche dell’arcidiocesi di Milano. Lo ripetiamo da anni: la moschee grandi non sono una priorità. Noi siamo a favore di un’integrazione naturale che avviene con piccoli spazi integrati architettonicamente con il contesto urbano.

La Moratti in sostanza dice questo.

Mi sembra più realistico prevedere dei piccoli luoghi di culto. Attenzione, non sono contrario alla grande moschea ma questa comporterebbe problemi di gestione e rischierebbe di essere un grande artificio. A noi, ripeto, interessa un’integrazione armoniosa.

Eppure l’esperienza di Roma e della sua Grande moschea dovrebbe insegnare che c’è un modello diverso che non ha dato problemi. Anzi.

Certo. Roma è un modello storico, culturale e di sensibilità. Il percorso avviato in maniera trasparente ed efficace dall’amministrazione comunale con il sindaco Alemanno in prima persona favorisce questo dialogo. Insomma, il rispetto del pluralismo religioso che è stato ripristinato da questa città “eterna” ha un valore simbolico rilevante.

Dall’altro lato la giunta di centrodestra a Roma sponsorizza il primo grande evento nazionale sulla cultura islamica. Che valore ha?

Questa iniziativa smentisce il pregiudizio di chi dice che il centrodestra sia islamofobo. Alemanno con la sua giunta ha dimostrato di saper costruire un evento di dialogo. Oltretutto da questa Settimana sta prendendo forma una piattaforma da seguire: autorità riconosciute dell’Islam e autorità laiche che si confrontano in maniera aperta. Un modello italiano, insomma.

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