Fincantieri: la protesta si è trasformata in tumulto

25 Mag 2011 19:57 - di

Dalla protesta al tumulto. Una rivolta dura, che rischia di degenerare da un momento all’altro. Scattano gli allarmi, c’è tensione, si parla di atti anche violenti. Gli operai sono in piazza per il lavoro, la politica cerca risposte, qualcuno vuole infiltrarsi per soffiare sul fuoco e creare scontri. Il tavolo tra i vertici di Fincantieri, i sindacati e il governo – convocato per il 3 giugno a Palazzo Chigi – non ha smorzato i toni. La tensione è alle stelle, specie a Castellammare di Stabia dove si moltiplicano blocchi, tensioni in strada, negozianti minacciati. Un’intera città è piombata nel caos. La rabbia degli operai si è riversata anche sui binari della Circumvesuviana, con conseguente blocco della circolazione dei treni, mentre i titolari degli esercizi commerciali venivano costretti ad abbassare le saracinesche. È stata rotta anche una vetrina. I lavoratori hanno messo in atto blocchi nella principale arteria della città e si sono riversati verso il Comune. Il sindaco Luigi Bobbio parla di «situazione insostenibile», di «azioni sovversive» e di necessità che la protesta «rientri nei limiti della legalità». Nessuna protesta in democrazia, dice, «è legittima e tollerabile se si traduce in violazione delle leggi e attacco ai diritti altrui». E non sono normali le segnalazioni che arrivano da «commercianti e semplici cittadini aggrediti, minacciati e percossi, con chiusura forzata degli esercizi commerciali». Da qui la richiesta di Bobbio al prefetto perché concentri «a Castellammare tutte le forze necessarie per recuperare il controllo della piazza e ripristinare la legalità. Un solo attimo di ritardo potrebbe far arrivare le cose troppo oltre. Se necessario va coinvolto l’esercito».
Dal fronte sindacale arriva la conferma che «la mobilitazione non si fermerà». Giovanni Sgambati, segretario della Uilm Campania, avverte: «Attendiamo certezze sul prosieguo dell’attività del cantiere di Castellammare e sulla continuazione della realizzazione delle navi per garantire i lavoratori di Fincantieri e del suo indotto». E la parola data dal ministro Romani che rifiuta qualsiasi avallo ai licenziamenti «fino a quando non saranno attuati impegni concreti e condivisi di riconversione delle strutture interessate maggiormente alla crisi»? Non basta. «Vogliamo incontrare Berlusconi, non ministri finti», sostiene Bruno Manganaro, della Fiom ligure, al termine di un incontro con il prefetto di Genova, altra piazza calda perché interessata ai tagli, Francesco Musolino.
Proprio nel capoluogo ligure la situazione si mantiene tesa. Ieri mattina, nel tentativo di coinvolgere i privati nell’impegno a favore della cantieristica, si è svolto un incontro tra il presidente di Msc, Gianluigi Aponte, l’amministratore delegato della stessa società, Pierfrancesco Vago, il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, e il presidente di Autorità portuale, Luigi Merlo. Il tutto mentre i sindaci di Castellammare e di Genova fanno sapere che intendono essere presenti all’incontro di Roma del 3 giugno e mentre la protesta esplode anche a Palermo. Il piano industriale dell’azienda prevede infatti 2551 esuberi, legati a Castellammare e a Sestri, ma anche al capoluogo siciliano dove si teme per i livelli occupazionali: 540 lavoratori in organico. Ieri mattina si è svolta un’assemblea, cui ha fatto seguito un corteo e l’incontro dei lavoratori della Fincantieri con l’assessore regionale Russo, che ha dato assicurazioni circa il mantenimento delle tre mission produttive affidate al sito: riparazioni, trasformazioni e costruzioni navali. Ne fa fede il fatto che  entro giugno  partirà il bando per la ristrutturazione del bacino da 52mila tonnellate, mentre quello da 19mila è già in corso.
La Fincantieri è sotto accusa, perché secondo i sindacati non mantiene gli impegni. Per l’amministratore delegato Giuseppe Bono però «la situazione del mercato è tale  che solo un piano duro ma coraggioso può assicurare un futuro». La Fincantieri, che fa capo a Finmeccanica, rappresenta un’eccellenza italiana a livello internazionale. Anche in una situazione di crisi come l’attuale continua ad aggiudicarsi una parte importante delle commesse mondiali che, comunque, non bastano per garantire il mantenimento dell’attuale struttura. Il suo comportamento e definito «incomprensibile» dal segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni. «È controllata dallo Stato – avverte – e non può giocare al massacro». Per il sindacalista, fare navi rappresenta per gli italiani una cosa importantissima, «perché da secoli siamo il Paese più affidabile e più capace di costruire imbarcazioni». Un punto di forza che, fa sapere Giovanni Centrella, leader dell’Ugl, ha portato da diverso tempo il sindacato a trattare con governo ed enti locali sulle scelte da fare per salvare la cantieristica. «Sembra, però – afferma – che la discussione sia stata inutile: l’azienda ha posto i lavoratori di fronte a un piano industriale unilaterale con sacrifici inaccettabili. Per questo sono in rivolta, non possono essere presi in giro. L’unica cosa da fare adesso è recuperare il gap infrastrutturale e competitivo di tutti i cantieri navali, un tempo fiore all’occhiello del nostro sistema produttivo». La palla, più che dalla Fincantieri, dev’essere giocata dal governo. «Ce ne stiamo occupando, e molto, ovviamente», ha detto ieri il ministro Sacconi. Sono in molti, però, a essere convinti che adesso bisogna scegliere e, forse, siamo già ai tempi supplementari.

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