Una Lega alla Mourinho

27 Apr 2011 19:20 - di

L’ultima polemica, quella sui cinghiali radioattivi che metterebbero a rischio le pappardelle al ragù nelle trattorie del Friuli, è passata un po’ sotto silenzio, ma nelle vallate del Natisone la denuncia ha avuto un discreto seguito. Quanto basta per chiudere il cerchio della propaganda leghista, dal campanile di paese ai palazzi romani, ovunque il Carroccio possa muoversi  alla ricerca di visibilità pre-elettorale. L’imperativo, a un mese dal voto, è fare un po’ di casino (“ammuina”, per i leghisti terùn) con l’obiettivo di sublimare il proverbio bresciano, “A buna orècia pòche ciàcere”. Il buon intenditor, in questo caso, è il popolo leghista, al quale inviare il messaggio: siamo un partito di governo, ma ancora e soprattutto, di lotta. Dunque, mentre in Italia il governo si barcamenava sulla questione del nucleare, tra tragedie di Fukujima e drammi referendari, stop and go improvvisi, miasmi veri e potenziali veleni dell’opposizione, a Udine il consigliere regionale Enore Picco si ritagliava un angolo di popolarità squarciando il velo dell’omertà sull’inquinamento della selvaggina di cinghiale provocato (25 anni dopo!) da Chernobyl, in barba agli orientamenti favorevoli del governo sulle centrali nucleari.
Una visione a dir poco ombelicale della politica, che però rientra in una strategia più larga, ormai chiara: il passo della Lega, a un mese dal voto per le amministrative, è quello di un bolide di Formula 1 che procede a zig zag, mantenendo la direzione, ma modificando la rotta per segnalarsi, prendere spazio, disturbare gli alleati ma senza speronarli. Le ultime critiche al governo sugli accordi con la Francia per gli immigrati, il no ai bombardamenti della Libia, gli strali sulla scalata alle aziende italiane come Parmalat, sintetizzati dal titolo della Padania di ieri “Berlusconi si inginocchia a Parigi”, sono frutto di un disegno “autonomista” del Carroccio all’interno dell’alleanza di centrodestra. La Lega, puntando i piedi, frenando, puntellando la sua campagna elettorale con distinguo e frecciate al premier, prova a scrollarsi di dosso il pericolo di un riscontro non felice per il premier nelle urne. Se a Roma, con le dichiarazioni aggressive di Bossi e Calderoli, seguite ieri dai parziali dietrofront di Reguzzoni e nuovi rilanci di Maroni sulla possibile crisi “libica” di governo, i leghisti ondeggiano, sul territorio il Carroccio gioca a prendere le distanze e basta. In modo particolare a Milano, con la strategia del mordi e incassa (alle urne). L’incasso, ovviamente, si fa nelle manifestazioni leghiste, tra ampolle e alberti da giussano. Lì deve passare il messaggio: “Qui comandiamo noi”.
Ecco che non a caso ieri sono arrivate le dichiarazioni di una delle seconde file leghiste, Matteo Salvini, considerato un po’ il “pasdaran” della Lega quando c’è da fare fughe in avanti. L’esponente leghista ha così preparato il terreno alla prima festa nazionale della Lega lombarda movimento giovani padani, che si aprirà oggi e si concluderà sabato sera in pieno centro, a Milano, al Castello Sforzesco. Politica, dibattiti, ma non solo, anche musica: padana s’intende, con gruppi dai nomi più o meno suggestivi, come i “Gamb de legn”, convegni etnici come “Lombardia, l’albero e le radici” e concerti classici dell’Associazione musicisti padani.
Ma la festa sarà anche l’occasione per fare comunicazione, lanciare messaggi. Subliminari. Soprattutto al Pdl. «Sono due gli impegni che la Lega Nord chiede al Pdl a Milano: ammettere gli errori della prima giunta Moratti e venire a Milano per parlare della città e non di tribunali o Br», dice Salvini. Da un lato, dunque, la Lega spiega di aver voluto una massiccia presenza di ministri, da Maroni a Bossi, a Calderoli, per dimostrare come il Carroccio faccia sul serio quando si impegna in campagna elettorale al fianco di Letizia Moratti. Dall’altro, però, le chiede di fare pubblicamente “mea culpa”, magari proprio sul palco del Castello Sforzesco, affianco a Bossi. Detto ancora più chiaramente,la Lega chiede che «il centrodestra non usi Milano per battaglie politiche che poco hanno a che fare con Baggio o Quarto Oggiaro», spiega ancora Salvini, secondo cui, anche alla luce dello scontro sulla Libia, non si può pensare che «le tensioni nazionali si possano ripercuotere a livello locale».
È chiaro che al Pdl milanese questa sorta di ultimatum non è  piaciuto per nulla: «Personalmente non ho bisogno di parlare di Br o tribunali, perché giro tra i mercati quotidianamente e ho il polso dei problemi della gente di Milano che affronto ogni giorno. Così come fanno gli altri candidati del Pdl. Pertanto non serve un maestrino che ci faccia da correttore di bozze», è la replica del vicesindaco di Milano Riccardo De Corato, secondo cui «Salvini fa richiami inutili, e lo sa, che gli servono solo per avere un po’ di visibilità». E prosegue: «Di giustizia si è parlato, mica è vietato. Ma è lui a ritirare fuori ossessivamente l’argomento come un disco rotto. Salvini si sta “mourinhizzando” e continua a guardare nel giardino altrui. Evidentemente è già in clima partita ed è già proiettato al match di stasera (ieri per chi legge ndr) al Bernabeu». Per il vicesindaco è «curioso che si venga a fare la predica invitando a evitare l’utilizzo di temi di politica nazionale, tipo la guerra con la Libia, che poco hanno a che fare con Milano». «E chi lo ha fatto? Mi sembra al contrario che fino a ieri il Carroccio parlava di disfida con la Francia sulla questione immigrazione. Vale sempre il proverbio: gallina che canta ha fatto l’uovo». Anche Carlo Fidanza, eurodeputato e vicecoordinatore regionale del Pdl, se la lega al dito: «Gli amici della Lega la smettano con i distinguo e concentrino le loro critiche su Pisapia e Palmeri, anziché fare la campagna elettorale ai danni del Pdl e prendendo le distanze dalla Moratti». Fidanza prende di petto proprio Salvini e la sua ansia di protagonismo: «Il fatto di aver avuto per cinque anni un solo assessore e un solo consigliere peraltro non tra i più assidui (Salvini) non esime la Lega dall’aver condiviso tutte le delibere e tutte le scelte strategiche dell’amministrazione». Botta, risposta e controrisposta: ma quanti voti portano alla Moratti questi simpatici siparietti?

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