«Basta polemiche su Milano: è un caso umano, non politico»

26 Apr 2011 15:42 - di

«È un caso umano, più che politico», taglia corto Altero Matteoli, nel giorno in cui tutto il Pdl, in primis il sindaco Moratti, scarica Roberto Lassini, l’autore dei manifesti con l’accostamento tra i magistrati milanesi e le Br.

Sarà anche un caso umano, ma s’è mosso perfino il Colle.

Una giusta condanna, che sottoscrivo, ma va chiarito che il Pdl non c’entra nulla. Quei manifesti sono una stupidaggine, il gesto infantile di un uomo che si riteneva perseguitato dai giudici.

Intanto, però, Lassini ha messo in serio imbarazzo il centrodestra a Milano.

La presa di distanza della Moratti e di tutto il Pdl è stata tempestiva e categorica.

Com’è possibile che in un partito grande e strutturato come il Pdl un candidato possa prendere un’iniziativa così discutibile?

Lassini è stato al centro di una vicenda giudiziaria che lo ha molto provato. Il paradosso è proprio questo: quella stessa categoria di giudici da cui si sentiva perseguitato e contro cui ha fatto fare i manifesti, aveva riconosciuto la sua innocenza.

Che nesso c’è con le vicende giudiziarie di Berlusconi?

Nessuna. Ma sarebbe sciocco negare che c’è una parte della magistratura politicizzata, così come è vero che la maggioranza dei giudici svolge correttamente il proprio lavoro. Purtroppo nei confronti di Berlusconi, da 17 anni, c’è accanimento da parte di certi settori della magistratura che fanno un uso politico della giustizia.

Quei manifesti di Milano, però, non nascono anche dagli eccessi verbali del premier?

No, infatti quella di Lassini non è certamente un’iniziativa frutto di riunioni di partito o di qualche indicazione del premier: è stato uno scivolone di uno che s’è fatto il carcere ingiustamente e ne è rimasto evidentemente segnato.

Teme ripercussioni sulle elezioni a Milano?

La Moratti ha detto chiaramente cosa pensa di questa storia. È chiaro che il centrosinistra sta strumentalizzando questa vicenda, ma c’è un mese di tempo per spiegare bene ai cittadini come stanno le cose.

Lei è tra coloro che nel Pdl storcono il naso quando arrivano i richiami di Napolitano?

Al contrario. Io credo che il Capo dello Stato in questi anni abbia esercitato il suo ruolo nel modo migliore e sempre nel rispetto delle prerogative istituzionali. Napolitano ha tutto il diritto di rivolgere moniti e appelli: anche quando non li ho condivisi, a livello personale, li ho sempre rispettati e tenuti nella giusta considerazione.

La Lega ha chiesto di abbassare i toni sulla giustizia.

Se questo invito arriva proprio da loro, mi fa piacere. Finalmente l’anima “di governo” sta venendo fuori.

Come a dire: senti chi parla… E la fase turbolenta che attraversa il Pdl?

Se qualcuno pensa che in un partito che ha oltre il 30% dei voti non ci sia discussione e che non esistano dei gruppi di riferimento, è un sognatore. Dopo la sua nascita è avvenuto un fatto traumatico, l’uscita di Fini, l’avvento di Fli, dove alcuni amici, ex An e non solo, sono transitati. Chi è restato nel Pdl lo ha fatto con convinzione, abbiamo iniziato una strada che non poteva che essere basata più sull’organizzazione, sulla quantità, che sulla qualità, si è pensato giustamente a dare un assetto al partito, che è stato ben governato. Ora deve iniziare una nuova fase, bisogna fare i congressi e superare lo schema 70-30, che paralizza il partito.

Lei cerca la sintonia politica soprattutto tra i suoi ex colleghi di An? C’è un filo più doppio che vi lega?

No. Io che in An sono stato un capocorrente, oggi non faccio alcuna distinzione sulla provenienze perché nel progetto ho sempre creduto fin dall’inizio. Oggi, quando dico la mia, guardo a trecentosessanta gradi, non parlo a qualcuno in particolare.

Qualcuno ha letto i suoi appelli al superamento delle “quote” come una critica agli altri ex colonnelli.

Non è vero, io mi rivolgo a tutti e spero che anche La Russa e gli altri siano d’accordo con me sul fatto che gli schemi Fi-An vadano superati. Se anche esiste una parte minoritaria del Pdl, non va stabilita da una norma interna ma deve eventualmente scaturire dal dibattito politico.

Anche lei attribuisce alla tornata amministrativa un valore politico nazionale?

Sì, l’ho affermato pubblicamente anche prima che lo dicesse Berlusconi. È una posizione coraggiosa ma onesta.

Il governo ha fatto dietro-front sul nucleare. E lei, ministro?

Io non rinnego la mia posizione, da sempre favorevole alle centrali. L’incidente del Giappone non mi ha fatto cambiare idea.

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